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07 Ottobre 2011, 07.00

Punti di vista

Rischia più uno scienziato che un ladro

di Aldo Vaglia
La vicenda di Andrea Rossi ci racconta delle difficoltà a fare scienza in Italia e delle assurde leggi che irresponsabilmente distruggono ricchezza.
 
Il Parlamento, una parte della politica e della stampa sono più pronti a giustificare che a condannare, la solidarietà e il garantismo si manifestano non appena qualche appartenente allo stesso gruppo viene inquisito.
Mafiosi, blasfemi, simoniaci, corruttori, sfruttatori, evasori trovano sempre qualcuno che ne prende le difese.
L’unico reato senza attenuanti è la genialità.
 
Non è una novità; la chiesa è sempre stata nemica della scienza e in un paese dove l’oscurantismo è di casa è molto difficile uscire dagli schemi.
Non dipende da destra o sinistra, con qualche piccola differenza la paura delle novità attanaglia tutti e il ritorno alle vecchie certezze è largamente condiviso e praticato.
Contro l’intelligenza e l’originalità le alleanze sono granitiche, chi non sceglie per tempo l’esilio rischia la galera, o la soppressione a volte anche fisica.
 
Contro Andrea Rossi si è scatenata una santa alleanza fatta da Verdi, Camorristi, Stampa e Politica che hanno armato una Magistratura molto lenta in svariate occasioni, ma efficientissima quando c’è da difendere gli interessi dei potenti.
 
Chi è Andrea Rossi?
Un Genio per americani, svizzeri, greci, una Vanna Marchi per gli italiani.
 
I suoi primi brevetti gli sono costati 17 anni di traversie giudiziarie e 4 anni di carcere.
La possibilità di ricavare petrolio da residui di lavorazioni plastiche e oggetti preziosi da pellicole fotografiche e componenti elettroniche hanno spinto l’inventore a diventare imprenditore di se stesso e fondare due società; una per la produzione di un combustibile con pari qualità di una benzina, tanto da far correre un’alfa romeo in gare di formula tre con risultati discreti, utilizzando solamente il prodotto derivato dai rifiuti e l’altra, con l’apporto di capitali svizzeri, di diventare una delle principali produttrici di gioielli del comparto orafo italiano.
 
Per garantirsi l’approvvigionamento della materia prima la Petroldragon stipula accordi con le maggiori aziende italiane che hanno scarti di lavorazione di natura organica (plastiche, gomme, solventi, alimentari), l’olio prodotto e raffinato alla Omar ha un costo inferiore del 30% rispetto allo stesso, di origine fossile con pari caratteristiche.
Una legge retroattiva fa passare le sostanze prima considerate “materie seconde” quali “rifiuti tossici”, di conseguenza l’azienda che è deficitaria delle autorizzazioni diventa immediatamente “fuorilegge”.
 
Stesso trattamento viene riservato ai prodotti della Omar che da “Oli combustibili” diventano immediatamente “rifiuti”.
Le conseguenze sono: la perdita del lavoro per 150 dipendenti e la bancarotta di una società del valore di 50 miliardi.
Il costo dello smaltimento, passato nelle mani della camorra, dalle 400 lire pagate alla Petroldragon lievita alle 1500 lire.
La destinazione: discariche abusive della Campania.
Delle accuse di inquinatore, riciclatore di denaro sporco, fabbricatore di falsi preziosi, non rimarranno in piedi che quella di bancarotta che andrà a pareggiare i quattro anni di carcerazione preventiva subiti dall’inventore.
 
Cosa fa oggi Andrea Rossi?
Privo di denaro emigra negli Stati Uniti, viene subito assunto dalla Bio Developmet Corporation immette nella società i suoi brevetti è nominato Chief Scientist, collabora col Doe (Departiment of Energy).
Nel 2000 mentre sta realizzando un importante impianto per la produzione di carbone dagli scarti di legno fa un viaggio in Italia dove viene immediatamente arrestato per un vecchio mandato di cattura per la bancarotta della Omar.
 
Dopo parecchie peripezie nel 2009 ritorna definitivamente negli Stati Uniti dove dirige lo sviluppo di una nuova fonte di energia per la quale è stato definito dal governo lo “Status di Priorità”.
Nel 1987 due anni prima del contestatissimo esperimento di Fleischman e Pons, Andrea Rossi e il prof. Focardi mettevano a punto presso l’università di Bologna un congegno in grado di trasformare Nickel in Rame; la reazione impropriamente detta “fusione fredda” doveva più correttamente chiamarsi “reazione nucleare debole”, cioè a bassa energia o LERN.
Il livello atomico delle trasformazioni escludono si possa trattare di una semplice reazione chimica.
 
Nickel e idrogeno più un catalizzatore di cui l’inventore non vuole rivelare la composizione sono i prodotti in gioco nella reazione; molto abbondanti sulla terra.
Si potrebbe verificare, per la prima volta nella storia, che l’energia diminuisca di prezzo.
Una evenienza poco simpatica per gli attuali detentori delle fonti tradizionali, che oggi spaventano di meno perché con “internet” l’informazione  è diventata più libera.
Una centrale di 1MW di potenza si sta costruendo in Grecia, l’esperimento forse riguarda la fonte di energia sviluppata in America.
A noi rimane una certezza: qualsiasi ricaduta economica di questi brevetti non avvantaggerà il nostro paese.
 
 
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