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11 Agosto 2013, 09.30

Punti di Vista

Vivere 'Slow-food'.

di Aldo Vaglia
Quando le mode imperversano, cercare di ragionare diventa esercizio piuttosto complicato. L'eterno conflitto 'naturale artificiale' che considera il primo buono e il secondo cattivo non lascia scampo
 
L’agricoltura industriale, pur sfamando il 98% della popolazione è soccombente.

Per sgombrare il campo da equivoci definisco subito Slow-food una grossa risorsa per l’economia italiana e i riconoscimenti al suo creatore Carlo Petrini  pienamente meritati.
Da Arcigola a Terra Madre, la nuova cultura del cibo come il risultato di processi culturali, storici economici e ambientali fa del suo inventore uno dei personaggi più accreditati a livello nazionale e internazionale.
Le lauree ‘Honoris Causa’ il suo inserimento da parte di ‘Time Magazine’ tra gli ‘eroi del nostro tempo’ nella categoria ‘innovator’, ‘l’unico italiano dei cinquanta che potrebbero salvare il mondo’, secondo ‘The Guardian’, sono le credenziali di cui dispone.

Dove manca la ragione non è nell’impegno di chi propone modelli originali di economie
agricolo-gastronomiche di qualità, ma nel voler trasformare queste attività, che per loro natura sono di nicchia, in un paradigma universale.
Lo stesso comportamento lo si adotta con le energie rinnovabili, erroneamente definite alternative, la green economy, il turismo, il commercio, ed ogni attività produttiva.
Come lo è stato per il nucleare, il nemico da abbattere in agricoltura sono gli OGM.

Ma se il loro utilizzo può sottostare ad un corretto principio di precauzione, non si capisce il motivo perché non si possa continuare con la ricerca.
Così si esprimono Valter Vecellio e Maria Coscioni in ‘Notizie Radicali’: “Da oltre dieci anni contro gli OGM si è scatenata una irrazionale e demenziale oscurantista campagna il cui scopo non è solo vietarne l’utilizzo, ma bloccare anche la ricerca e la sperimentazione”. 
Anche il non costruire centrali nucleari poteva essere una scelta di saggezza, non si capisce però che necessità ci fosse di buttare all’aria conoscenze e pratiche che dai ‘ragazzi di via Panisperna’ ci avevano visti all’avanguardia in campo mondiale nelle tecnologie sull’atomo.

Un nucleare non radioattivo potrebbe ancora essere la soluzione dei grossi problemi energetici che affliggono l’umanità, ma se il premio nobel che di queste cose si occupava viene sostituito con un elettricista è inutile sperare in alcun successo della nostra ricerca.
Cosa spinge i nostri politici, con poche eccezione (i Radicali, non tutti, i d’Alemiani, della Vedova, Martino e Tremonti), ad essere costantemente contro la scienza.
Possono Vendola e Pecoraro Scanio avere più competenze genetiche di Levi Montalcini, Dulbecco e Veronesi. Come fidarsi della storia del pomodoro transgenico che ha ucciso 60 persone allergiche al pesce raccontata da Beppe Grillo?

Tutti concordi dagli ex fascisti alla Lega al PDL, senza dimenticare il PD, di Pietro e i 5 Stelle che per risolvere il problema della disoccupazione giovanile occorre ritornare al campo alla mucca e all’orto.
Ma qualcuno di questi ha provato a vedere quanto è distante la terra dai salotti televisivi?
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