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01 Febbraio 2013, 09.30

Punti di Vista

Un paese che frana

di Aldo Vaglia
La fragilità dei nostri territori, non dipende solo dalla natura, è anche conseguenza di una cattiva cultura della prevenzione


Gli ultimi eventi dimostrano che alle difficoltà del vivere, la montagna aggiunge i pericoli derivanti dall’instabilità dei terreni che nelle loro prevedibili manifestazioni producono guai e disagi che si trasformano a volte in catastrofi.
Il paese coi maggiori rischi al mondo, che spende 5 miliardi di euro all’anno solo per riparare i disastri naturali, è anche il paese con meno prevenzione.
Il dissesto idrogeologico interessa 6.633 comuni l’82% del totale.

Si usa con troppa disinvoltura la parola spreco, senza considerare che intervenire in emergenza costa molto di più e produce meno risultati che mettere in sicurezza l’Italia.
Si cercano i colpevoli e si trovano nell’ultimo sindaco, nel presidente della provincia, nel demanio, in genere in chi governa.
Ed è vero, la responsabilità oggettiva è di chi  in quel momento riveste il ruolo di amministratore, “onori ed oneri”.
Ma è tutta una cultura che manca e la politica, specialmente in campagna elettorale, si spreca in promesse, anche contraddittorie, per poi tornare all’inattività una volta incassato il risultato.

Mettere in sicurezza il paese e investire in infrastrutture dà una straordinaria spinta allo sviluppo, crea occupazione, ricchezza e stabilità ai nostri territori.
La prevenzione non e mai spreco di risorse, il confondere le corruzioni, che pure ci sono, con le opere è un modo per rimanere inattivi.
La protezione civile quale strumento di progettazione ed esecuzione degli interventi ha dato cattiva prova nella gestione del denaro pubblico, ma una snellezza nelle procedure e una “governance” diversa dall’attuale per decidere, è indispensabile per poter intervenire con efficacia.

Il caso della strada chiusa ha messo sul tappeto alcune questioni anche di natura locale.
In tempi meno floridi la volontà di un sindaco è stata sufficiente per collegare Vantone a Vesta, la possibilità di avere una strada da Vesta a Baitoni, oltre a dare un notevole contributo dal punto di vista turistico, sarebbe stato uno sfogo almeno per il traffico leggero nei giorni di chiusura della 237 del Caffaro.

Un interesse più collettivo per le sorti strategiche del lago avrebbe però bisogno di una struttura amministrativa più sinergica e coordinata da ricercarsi attraverso la fusione di piccole realtà che gravitano sul bacino o che ne risentono gli influssi.
Su questo la campagna elettorale potrebbe spendere qualche parola.
Ridurre gli oltre 8000 comuni che ci sono in Italia, una moltitudine sotto i 5000 abitanti, sarebbe sicuramente una lotta maggiore agli sprechi che non il preoccuparsi per quanto costa la  prevenzione.
 

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