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15 Giugno 2013, 09.30

Punti di Vista

Ecologia e cultura di massa

di Aldo Vaglia
La cultura della televisione che dei giornali e del Web, è una cultura un tanto al chilo. Niente di male se si usa per le discussioni da bar, assai più complicato se la politica se ne serve per fare scelte


L’ecologia una scienza molto più vasta di quanto possa apparire dagli articoli di giornale può solo per una parte coinvolgere scelte politiche. Ma il potere politico ha il dovere di indirizzare le attività umane comprese quelle economiche.

L’equilibrio, la complessità, i rapporti tra l’uomo e gli ecosistemi, sono materie che coinvolgono  non solo le scienze naturali, dalla botanica, alla zoologia, alla chimica, alla fisica, alla matematica, ma economia e diritto sono altrettanto importanti se si vogliono conservare la biodiversità e le risorse disponibili.
In un precedente articolo dal titolo “Economia ed Ecologia” si è toccato il tema dello scontro tra le due discipline ed i motivi  che le hanno condotte molte volte a contrapporsi.
Sembrerebbe perciò, al primo approccio, che le due materie siano in antitesi. Se si esce dal semplicismo ci si accorge però: che ciò che è antiecologico è anche antieconomico.

Nella nostra società le scelte economiche sono parziali, settoriali e a breve termine, mentre l’ecologia è globale.
Se l’economia non è capace di una visione più ampia non può che essere la politica che corregge i meccanismi di chi si  occupa dei benefici immediati senza tener conto dei danni che si possono arrecare alle generazioni future.
Nemmeno la politica è però in grado di svolgere il compito che le si affida, di indirizzare le attività economiche, se oltre alla volontà non è sorretta da profonde conoscenze.

L’ambiente fa parte degli argomenti della “cultura di massa” e questo è un bene, ma pone dei quesiti alla democrazia.
Il popolo è sicuramente sovrano e piuttosto che le scelte le facciano i tecnici è meglio che rimangano alla politica.
Ma come ci si può affrancare dalla demagogia e dal populismo?
Per prima cosa servirebbe una politica assai più preparata, ma come non c’è la scuola per l’ecologia non c’è nemmeno la scuola per la politica.
Almeno gli studenti potrebbero uscire dallo stereotipo riduzionista che vede i problemi ecologici come problemi settoriali, l’ecologia è una scelta obbligata per la sopravvivenza della specie umana, ma non va perseguita attraverso la punizione o la soppressione di attività inquinanti, ma con la ricerca di tecnologie non inquinanti di per sé.

Sicuramente nel campo dell’energia avvengono la maggior parte dei nostri comportamenti antiecologici, ma non si pensi che ne siano immuni industria, agricoltura o turismo.
I vari “No” se si crede veramente di fare il bene pubblico vanno perciò valutati e soppesati. Occorre ispirarsi a criteri di economicità globale e non settoriale e preoccuparsi della “compatibilità” dei vari usi per la stessa risorsa.
Chi verrà dopo di noi troverà un mondo vivibile se alla cultura di massa si saranno aggiunti approfondimenti tecnico scientifici e una politica responsabile e consapevole sarà stata in grado di sviluppare un’economia rispettosa dell’ambiente e della comunità.

 

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