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14 Marzo 2013, 09.00

Punti di Vista

Tutta colpa di Bersani

di Aldo Vaglia
Che lo "smacchiatore" Bersani si debba accollare tutte le colpe per la debacle del PD alle elezioni, non è solo immeritato, è abbastanza ridicolo

Gli ipotetici vantaggi di una corsa con a capo Renzi non solo avrebbero svilito, ancora di più, l’identità del PD come partito del lavoro,  ma difficilmente avrebbero sovvertito il risultato.
Le fantastiche esercitazioni dei sondaggisti, che non ne hanno azzeccata una, prevedevano che
il PD dovesse rincorrere la vittoria a destra, ha perso a sinistra.
Monti che sembrava potesse dare corpo ad una destra moderata ed europea è riuscito a cannibalizzare il centro, senza raccogliere alcun risultato nell’elettorato berlusconiano.

Non è la mia una difesa d’ufficio, dal momento che non faccio parte dell’ufficio, è la considerazione che gli attacchi, soprattutto quelli che vengono dal suo interno sono infondati e fuorvianti.
È  la ricerca di soluzioni cervellotiche attraverso attori con nessuna investitura  popolare che mi sembra un castello di carta.
Nessuno si era accorto che sarebbe stato Grillo ad intercettare i voti di chi lavora e soprattutto di chi il lavoro l’ha perso. Ma imperterriti come se la realtà che non si vuole non esistesse continuano con i discorsi pre-elettorali senza cambiarne una virgola.
Il media generalista della televisione non si occupa di ciò che si dice, ma dell’effetto che fa il dirlo.

Il pallino è ancora in mano al segretario del partito democratico. Non dispone della maggioranza assoluta, ma è sempre quello con più voti. Ed è a lui che si devono rivolgere gli altri.
Il coraggio del cambiamento, prima di tutto nel suo partito, è ciò su cui deve fondare la sua forza
Se non si lascia imbrigliare dai vecchi tattici e dai giovani mediatici, una soluzione è alla portata delle cose. La rincorsa a Grillo è inutile e infruttuosa. È Grillo che non può fare l’anarchico e partecipare alle elezioni. Fino ad oggi il Movimento 5 Stelle è stato il termometro della malattia, il risultato elettorale lo obbliga a mettersi in gioco. Può anche non farlo, ma i voti di protesta si possono sciogliere come neve al sole.

In questa tornata la destra è riuscita a frenare lo sfascio e ha bisogno di tempo per rimarginare le ferite. Non è detto che la Lega sia obbligata all’infinito ad essere sua alleata. Un cambio della legge elettorale più attento alle istanze locali potrebbe liberarla dall’abbraccio soffocante di una forza con cui ha poco da spartire e tornare in gioco sui temi, a lei più congeniali, quali il nord e il lavoro.
La demagogia ha le gambe corte, purtroppo anche la memoria degli elettori si cancella in fretta, ma il tempo non gioca né a favore di chi promette restituzioni di tasse quando si vota e le mette quando governa, né a chi promette lo stipendio a tutti senza spiegare dove si prendono i soldi.

Bersani non ha perso perché non è riuscito a smacchiare il giaguaro, ma perché e’ stato il partito meno votato dai lavoratori che non solo gli hanno preferito il Movimento 5 Stelle, ma anche il PDL.
Il risultato sconfortante di Vendola in Puglia e principalmente a Taranto è la dimostrazione che i lavoratori, non credono più a chi appoggia le riforme pensionistiche e del lavoro delle varie Fornero di turno, ma non credono più nemmeno alla sinistra.
Se un’alleanza con Berlusconi non è possibile, non è da augurarsi nemmeno quella con i nipotini di Turigliatto e di Pecoraro Scanio, se proprio si deve finire nel baratro della confusione, dell’incompetenza, dell’ideologia, se le priorità sono il NO TAV, la Decrescita, lo stipendio garantito a tutti, è meglio aspettare il prossimo giro e andare in fretta a rivotare.
 
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