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07 Ottobre 2013, 09.00

Punti di Vista

Il Nostro Quotidiano Vajont

di Aldo Vaglia
Il 9 Ottobre 1963 si consumava la tragedia del Vajont. A 50 anni di distanza non molto è cambiato nel sistema di prevenzione da catastofi del nostro territorio

La tragedia è stata sepolta assieme alle 1910 vittime accertate in quei giorni, (ce ne saranno altre in seguito) e solo34 anni dopo, Marco Paolini, prendendo spunto da un libro di Tina Merlin,  proporrà una lettura del dramma che con la fatalità ha poco a che vedere.

Alle ore 22,39 di quel fatidico 23 Ottobre 1963 la televisione trasmetteva la partita Real Madrid- Glasgow Rangers , molta gente era intenta a seguire l’incontro.
L’ora è importante per la tesi sostenuta dal notaio, che rogitò l’atto dei terreni che avrebbero dovuto essere sommersi, e più recentemente dalla figlia, che affermano: “la frana fu provocata e la partita è servita per non allarmare la popolazione”.

Un evento della scelleratezza umana, una strage annunciata, frutto della sudditanza scientifica agli intrecci di interessi privati e politica.
Nulla purtroppo è cambiato nella mentalità del potere e delle istituzioni. O si tende a minimizzare e ignorare i rischi fino a che non si verifichi l’evento calamitoso, per poi correre frettolosamente e dispendiosamente ai ripari, oppure si accettano con rassegnazione i capricci della natura.
Se assieme alla protezione si sviluppasse anche una prevenzione il termine civile sarebbe forse più appropriato.

Gli stessi media di allora
e i più prestigiosi giornalisti, da Bocca a Buzzati, sostennero per anni l’imprevedibilità del fatto, conformandosi alla denuncia dell’autorità giudiziaria, che considerava le parole dette nel 1959 da Tina Merlin “… non si può sapere se il cedimento sarà lento o avverrà con terribile schianto. In questo ultimo caso non si possono prevedere le conseguenze…”, notizie false e tendenziose atte a turbare l’ordine pubblico.

Marco Paolini introduce il suo monologo sul libro scritto nel 1983 ‘Sulla Pelle Viva’ da Tina Merlin, con queste parole. “L’ho letto nel 1993. La mia copia è piena di sottolineature. La copertina è consumata dai viaggi. Ho preso il mio pugno nello stomaco da Tina, e da allora ho cominciato a raccontare la storia del Vajont…”.
Dopo quel dramma sull’onda dell’indignazione popolare per molti anni nessuno ha più costruito una diga in Italia. Ma se provassimo a ragionare a mente fredda, di fronte alle catastrofi potremmo cominciare a vedere responsabilità collettive e ci accorgeremmo che il nascondere la testa sotto la sabbia porta solo a preparare altri Vajont..

Lo spettacolo teatrale di Paolini trasmesso dalla televisione 34 anni dopo spiegherà anche ai superstiti quanto si è tentato di nascondere.
“Ancora oggi c’è gente convinta che quella notte sia crollata la diga” è il racconto di chi la tragedia l’ha vissuta. “Il Vajont è una strage di stato: sono coinvolti i ministeri, le grandi industrie, il mondo accademico…e per questo il Vajont è stato dimenticato”.
Paolini racconta la genesi della tragedia e riuscirà nell’impresa, (negata ai giornalisti dell’Unità, definiti sciacalli quando rivendicarono ciò che Tina Merlin aveva sempre denunciato), di smuovere le coscienze, non solo dei locali, ma di tutta l’opinione pubblica.

La superficialità e gli errori, tutto quanto denunciato, è stato in seguito confermato da sentenze passate in giudicato.
Non si era calcolato che lo sperone di roccia, come la parola dialettale ‘Toc’ (pezzo), stava ad indicare, non era nient’altro che la punta dell’iceberg che sporgeva da una ‘paleofrana’ che istigata è scivolata tutta assieme con una massa maggiore delle acque contenute nel lago.
La tragedia così annunciata si è consumata.
 
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