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18 Luglio 2012, 10.30

Lunedì 33

Dalla vulnerabilità alla malattia

di Gianluigi Nobili
La malattia psichiatrica si determina quando eventi stressanti: esistenziali, ambientali o biochimici quali le sostanze stupefacenti, agiscono su un cervello fragile.
 
Ogni malattia psichiatrica, da quelle più gravi come la schizofrenia o il disturbo bipolare, a quelle meno gravi come i disturbi d’ansia, i disturbi di adattamento e gli stessi disturbi della personalità derivano da interazioni tra la biologia del cervello geneticamente determinata, il vissuto, cioè tutti gli avvenimenti della vita e l’ambiente.
Secondo tale modello bio-psico-sociale la malattia psichiatrica si determina quando eventi stressanti: esistenziali, ambientali o biochimici quali le sostanze stupefacenti, agiscono su un cervello fragile.
 
Alcuni geni sono stati identificati quali fattori di fragilità per malattie psichiatriche, espressione quindi di una vulnerabilità genetica.
L’uso indiscriminato ed incontrollabile di sostanze stupefacenti, naturali o di sintesi, sta modificando lo scenario della malattia mentale.
E’ sempre più frequente infatti la copresenza di utilizzo di sostanze e malattia psichiatrica in comorbilità.
 
Molte volte la sostanza psicoattiva può slatentizzare una condizione di malattia psichiatrica che, senza l’esposizione alla “droga”, pur in presenza di un cervello fragile, avrebbe potuto per l’intera esistenza non manifestarsi.
Altre volte l’uso della sostanza rappresenta un sintomo o il tentativo di automedicazione della sofferenza psichica.
In ogni caso è fondamentale porre grande attenzione a questi “stressors” biochimici: le sostanze stupefacenti appunto, nella cura della malattia mentale.
 
Per poter comprendere le manifestazioni del consumo di sostanze psicoattive oggi, è utile distinguere diverse tipologie di soggetti.
Il gruppo di consumatori, infatti, è estremamente vario per età, genere, condizioni socio-economiche, significati attribuiti alle sostanze e modalità di assunzione.
Differenti tipologie di soggetti, modalità comparabili e omologabili di consumo delle sostanze, ma unicità e individualità nell’esperire e vivere il contatto con esse, unicità e individualità che per poter essere comprese portano a considerare una componente fondamentale nell’evoluzione dei soggetti consumatori e non consumatori: la vulnerabilità individuale.
 
Quello della vulnerabilità rappresenta un modello di comprensione e di lettura di un’ampia gamma di situazioni e percorsi che riguardano sia la normalità, sia il consumo di sostanze psicoattive, sia l’evoluzione in vere e proprie forme patologiche.
La vulnerabilità bio-psico-sociale è attualmente l’indicatore privilegiato e meglio utilizzabile per comprendere l’evoluzione del processo di crescita personale, per cogliere l’unità psico-socio-biologica della persona.
 
Le ricerche evidenziano come le persone manifestino differenti reazioni di fronte agli eventi della vita e dimostrano come le risposte individuali possano essere molto divergenti a fronte di situazioni simili.
La vulnerabilità espressa o inespressa e la misura della sua presenza costituiscono uno dei tratti che indica in termini di maggiore o minore probabilità l’evoluzione di una persona verso risposte adeguate e integrate, oppure verso risposte inadeguate o francamente patologiche.
 
I livelli della vulnerabilità coinvolgono aspetti biologici, psichici e socio-ambientali.
I fattori biologici riguardano le predisposizioni genetiche e la loro incidenza sul sistema neuroendocrino e cerebrale.
I fattori psichici e comportamentali riguardano gli atteggiamenti, la personalità, il sistema di relazioni significative. I
fattori socio-ambientali si riferiscono al contesto più ampio delle relazioni, all’ambiente naturale e sociale nel quale si vive.
Gli elementi costitutivi del modello della vulnerabilità sono allora: l’individuo con le sue caratteristiche uniche, congenite e acquisite, che lo rendono più o meno vulnerabile; l’ambiente, in primis quello familiare, con i suoi peculiari caratteri protettivi, supportivi, stressanti, distruttivi, ecc.; le caratteristiche farmaco-cinetiche intrinseche alle differenti sostanze.
 
Quindi, la vulnerabilità può essere interna, legata a elementi predisponenti, o esterna, legata ad aspetti ambientali in grado di creare situazioni di stress, di disagio psichico ed emotivo cui la persona potrà avere difficoltà a rispondere. In casi limite la vulnerabilità può essere duplice e riferibile contemporaneamente ad entrambi gli aspetti, disegnando situazioni di elevatissimo rischio.
I fattori alla base  dell’insorgenza o meno di un problema di uso/abuso/dipendenza di sostanze sono di carattere genetico-biologico, psicologico, familiare, sociale, culturale.
 
Tali aspetti fotografano i differenti incroci possibili, evidenziano differenti profili di rischio e, al tempo stesso, indicano quali possono essere le vie di uscita, gli elementi di supporto e protezione corrispondenti, che comunque ci sono. 
La condizione di vulnerabilità non è sinonimo di un esito sfavorevole verso la tossicodipendenza. La ricerca e l’esperienza sul campo evidenziano che situazioni complesse possono essere gestite e superate attraverso il trattamento psicofarmacologico, il sostegno psicologico, quello relazionale e sociale che una famiglia può offrire e che una comunità locale competente può rafforzare.
Il coinvolgimento personale è essenziale nel creare uno scambio e nel produrre l’interazione e la co-costruzione di esperienze condivise, stimolando l’autodeterminazione e l’espressione della soggettività di ciascuna persona.


Dott. Gianluigi Nobili
Direttore Unità Operativa di Psichiatria n. 21
Azienda Ospedaliera di Desenzano d/G (BS)
 
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