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LANDSCAPE


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28 Agosto 2013, 12.00

Opinioni

Su e giù per la «terra lunga»

di LoStraniero
Quando giro per l'Italia, amo osservare il paesaggio. Ogni volta esso mi appare diverso. Dipende dalle stagioni forse, oppure dal mezzo di trasporto, oppure dalla strada che percorro...

... oppure ancora da come mi sento. In ogni caso è sempre meraviglioso.
Per esempio, quando in Valle Sabbia ho percorso per la prima volta la nuova strada a scorrimento veloce, mi è apparso un paesaggio completamente differente da quello che ero abituato a vedere seguendo la vecchia strada.
Sembrava un altro posto, un altro paese.
Sono sicuro che se si andasse a piedi o a cavallo sarebbe ancora differente. Penso ai pellegrini e ai cavalieri che percorrevano la via francigena: loro sì che conoscevano veramente il paesaggio.
Facendo l’autostrada, appaiono sulla cima dei monti, borghi pittoreschi: i cosiddetti paesi di cresta. Le prime volte mi chiedevo come mai li avessero costruiti proprio lassù, poi ho capito il perché.
Ancora oggi mi prende il desiderio di visitarne qualcuno, di fermarmi e salire su; ma non c’è mai tempo, si corre soltanto.
Sull’autostrada il nome di alcune stazioni di servizio ricorda famose battaglie: tutta gente che si è disturbata per “disturbare” gli abitatori di questo Paese.
Annibale, per esempio, ha percorso la “terra lunga” col suo esercito e i suoi elefanti (battaglie di Trebbia, Trasimeno, Capua, Canne).
Chissà Cesare e le sue legioni quante volte sono andati su e giù nelle loro campagne di Gallia, di Spagna o di Grecia.
E i barbari?  Goti, unni, longobardi, franchi si sono tutti fortemente disturbati.
E poi si sono disturbati i normanni, gli svevi, gli angioini, gli aragonesi, gli spagnoli, i francesi, gli austriaci, i piemontesi.
E poi, durante l’ultima guerra, si sono disturbati i tedeschi e gli alleati (americani, inglesi, francesi, marocchini, eccetera).
Evidentemente tutta questa gente prediligeva la “terra lunga” e noi? Noi li abbiamo subiti. Li abbiamo subiti tutti e siamo ancora qui.
“Facite ‘a faccia feroce” raccomandava il re Franceschiello ai suoi soldati.
Ma noi non abbiamo la faccia feroce e non sappiamo neppure farla. Le battaglie non si vincono con la faccia. Di fronte alla nostra faccia i nemici, se non sghignazzi, al limite, facevano sorrisetti. E continuano a farli oggi.
Forse però quelli che ci hanno disturbato più di tutti sono stati i lanzichenecchi e i pirati barbareschi.
Spesso i lanzi non erano neppure pagati da chi li ingaggiava, ma veniva loro concessa la libertà di saccheggio, di assassinio e di stupro verso l’inerme popolazione civile: una vera catastrofe, un’ecatombe, se si pensa che a volte erano anche portatori e diffusori di peste.
I pirati barbareschi erano stanziati ad Algeri. Sono loro che hanno affibbiato all’espressione geografica “Italia” l’appellativo di “terra lunga”.
Questi pirati erano per gli stati italiani un vero flagello.
Il pirata Barbarossa, per esempio, era divenuto ammiraglio dell’Impero Ottomano ai tempi di Solimano il Magnifico.
Il re di Francia Francesco I, alleato di Solimano nella lotta contro Carlo V, gli concesse addirittura una base in Provenza che il Barbarossa sfruttò per le sue razzie quando navigava lungo le coste italiane.
Penetrava nelle città e nei borghi dell’entroterra, uccidendo e saccheggiando, facendo prigionieri uomini, destinati alle galee, donne e ragazzi da vendere invece come schiavi, riempiendo le navi di grosso bottino da dividere con i suoi sottoposti oltre a quello destinato a Solimano.
Una volta fece prigioniere duecento monache da offrire al sultano come giovani vergini.
Il Barbarossa tentò addirittura, sempre per Solimano, di rapire la bellissima Giulia Gonzaga, nobildonna italiana vedova di Vespasiano Colonna, che viveva nel castello di Fondi, la quale riuscì rocambolescamente a sfuggire alla cattura.
Un giorno, tra i prigionieri, capitò anche un monaco domenicano, un certo Michele Ghislieri.
Era così magro e macilento che a malapena si reggeva in piedi. Gli addetti allo smistamento si chiesero perché l’avessero imbarcato. Non sapendo cosa farne lo lasciarono andare.
Non l’avessero mai fatto! Il monaco si riprese, tornò in patria e dopo un po’ fu eletto papa col nome di Pio V. Promosse poi una crociata contro la pirateria che culminò con la battaglia di Lepanto del 1571 che inflisse un colpo durissimo all’organizzazione piratesca.
Con tutto quest’imperversare di bande, la vita delle popolazioni era assai precaria e insicura, tant’è che si costruivano i paesi sui cucuzzoli dei monti e ci si circondava di mura.
Insomma sulla “terra lunga” hanno sempre aleggiato precarietà e incertezza: incertezza per tutto, per i trasporti, per i commerci, per l’artigianato, per l’industria, e più di tutto, per la vita.
Per evitare la permanenza di queste sciagure e la dipendenza perenne dallo straniero e dai loro governi dispotici si pensò che il rimedio potesse essere la costituzione di uno stato unitario.
Questo processo si chiamò Risorgimento con riferimento a quel movimento culturale, politico e sociale che promosse l'unificazione, richiamandosi alle antiche radici del periodo romano.
Esso, contrariamente a quanto la propaganda ha voluto far credere, non fu un movimento di popolo, ma di una minoranza borghese che escluse subito le masse dalla partecipazione alla vita pubblica mediante un sistema elettorale a suffragio ristretto e praticò poi una politica di impoverimento peggiore di quello degli stati soppressi.
Basta pensare alla tassa sul macinato, introdotta da Quintino Sella nel 1868, definita “un’imposta progressiva sulla miseria”, che causò ribellioni contadine in diverse regioni.
E oggi cosa ci capita? La precarietà e l’incertezza sono sparite? Sono diminuite? Sono aumentate? Le cose sono cambiate o i problemi sono sempre gli stessi?
Confesso che la mattina, a sentire le notizie del telegiornale, avverto sempre un certo disagio, un senso di malessere di giorno in giorno crescente.
Il fatto è che oggi, nonostante il sistema elettorale sia stato esteso a tutti i cittadini, ci viene il dubbio di non essere per niente cittadini, ma solo sudditi. Sudditi in condizioni peggiori di quelli che vivevano negli stati soppressi della “terra lunga”.
Oggi il popolo è rappresentato in Parlamento e il Parlamento fa le leggi.
Ogni giorno c’è chi invoca nuove leggi e si dice che il Parlamento è inefficiente perché non riesce a sfornare le leggi necessarie. Quante leggi ci sono oggi in Italia e quante in altri paesi europei?
Vi dò subito una classifica:
1. Gran Bretagna: 3.000 leggi
2. Germania: 5.500 leggi
3. Francia: 7.000 leggi
4. Italia: 150.000 / 200.000 leggi
Una delle ragioni di questa ipertrofia normativa è l'utilizzo dello strumento “legge” per numerose norme che avrebbero potuto e dovuto essere semplici atti amministrativi.
La motivazione di questo comportamento è da ricercarsi nella volontà, a partire dagli anni ’50, di far partecipare le sinistre alla funzione legislativa, in modo da arrivare a scelte condivise ed evitare così pericolose reazioni di piazza.
Questa però è stata ed è un’altra sciagura del nostro Paese.

Chi ci può salvare oggi da questo mastodontico apparato normativo?

Oggi siamo tutti colpevoli perché se scansiamo una norma, incappiamo inevitabilmente in un’altra, anche a causa delle contraddizioni del sistema.

Oppure nessuno è colpevole e ognuno si sente in diritto di fare quello che gli pare.

Oppure sono colpevoli solo alcuni che, in effetti, non sono colpevoli.

Questa è la ragione per la quale in Italia c’è anche un numero elevato di avvocati che, peraltro, sono molto numerosi anche in Parlamento.

Attualmente, su una popolazione di quasi 61 milioni di persone, ci sono ben 247 mila avvocati, in Germania il numero dei legali è di 150 mila a fronte di una popolazione superiore, in Francia invece è di 20 mila su una popolazione pressappoco uguale a quella italiana.
 
Voglio ricordare che nel regno borbonico dell’Italia centro-meridionale, a causa o in virtù della caotica e contraddittoria legislazione costituita da tantissime leggi mal coordinate, buona parte della proprietà agraria passò dalla nobiltà alla casta degli avvocati, anche qui molto numerosi.
Questi sistemi alimentano una forte e inefficiente burocrazia che e uno dei più grandi flagelli del nostro paese. Un potere a sé.
La Costituzione, agli art. 97 e 98, stabilisce l’imparzialità dell’amministrazione dello Stato. I pubblici impiegati sono al servizio esclusivo della Nazione e non dei partiti.
Quando invece l’amministrazione non è neutrale e indipendente, vanifica, di fatto, l’applicazione delle leggi che non le aggradano ritardandone l’applicazione attraverso regolamenti attuativi cui provvedono con molto ritardo, magari stravolgendone lo spirito e il contenuto, oppure non vi provvedono per niente.
L’Italia non si governa con le leggi.
Di fronte a questi fenomeni possiamo dire oggi (non giuridicamente parlando) che lo Stato siamo noi?
Finché non potremo dirlo, per noi l’Italia sarà soltanto la “terra lunga”, soggetta come prima all’imperversare di gruppi, magari di tipo diverso, ma con gli stessi effetti nefasti per la popolazione.
LoStraniero
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