Il governo dei tecnici ha nominato tre "super tecnici" per fare le stesse cose che avrebbe potuto fare da solo.
Ci si capisce sempre meno, ma se questi erano i migliori perché non sono stati fatti subito ministri?
Sembra che almeno uno non avesse la veste di tecnico, forse l’ha acquisita in questi mesi.
Avevamo riposto più fiducia di quella che meritava in questo governo.
Non che fosse una novità, già negli anni 90 c’erano stati i tecnici, ma peggio di come eravamo messi non poteva andare.
Le promesse che, dopo le stangate ai soliti, anche chi aveva avuto solo favori sarebbe stato chiamato a contribuire, si sono rivelate fallaci.
Il non guardare in faccia a nessuno ha cominciato a non essere vero coi: tassisti, i farmacisti, i banchieri, la chiesa.
Nel cominciare a parlare di togliere dei soldi ai partiti, la loro finta ritirata è durata il tempo di sbrigare la rogna delle pensioni del lavoro e dell’IMU.
La malapolitica è ritornata a dettare le sue condizioni e Monti per non farsi disarcionare è stato costretto a subirne i ricatti.
Si è tolto qualche sassolino dalle scarpe denunciando l’insipienza dei suoi predecessori, ma alla fine per durare ha adottato anche lui il, tanto deprecato, sistema andreottiano: meglio tirare a campare che tirare le cuoia.
Ricevere salvacondotti e prebende è l’unico modo conosciuto dagli azionisti di maggioranza per permettere anche ai tecnici di governare.
Il PDL, in disfacimento, nell’attesa che qualche strafalcione rimetta in discussione una sinistra favorita dagli eventi e attualmente in vantaggio, chiede una modifica alla concussione per permettere al capo di farla franca un’altra volta.
Gli altri che sostengono questo governo si preoccupano principalmente che venga costantemente rifornita quella mangiatoia senza fondo da cui attingono denaro: partiti, sindacati, giornali, patronati, previdenze e tutta una pletora di mantenuti che al momento del voto sanno chi ringraziare.
Il commissariamento del governo rientra in questa ottica: il curatore fallimentare Bondi esperto in salvataggi di imprese, che vengono poi vendute agli stranieri, si cimenta nel tentativo di salvare l’Italia.
Speriamo che una volta espletato il compito non finisca nello stesso modo anche il nostro paese.
Esperienze di questo tipo si sono già avute con le privatizzazioni.
Non si è pagato alcun debito si è solo svenduto un patrimonio.
Il liberista Giavazzi è invece destinato a rimetterci la faccia, non troverà nessuno disposto a lavorare in un sistema di legalità e concorrenza.
La ciliegina sulla torta è però il sempre verde Amato. Già ideologo di Craxi, oggi presidente, tra le altre, della fondazione ”italiani europei” di D’Alema, messo in quel posto per salvare il malloppo dei dilapidatori del denaro pubblico, delle maxipensioni, degli stipendi d’oro, di chi, incurante del merito e della produttività, ha potuto godere dello sperpero e oggi scarica sugli altri l’onere di ripianare i debiti.
Il vampiro a capo dell’AVIS.
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