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10 Novembre 2012, 09.45

Pillole di psicologia

Rinforziamo le radici

di Sandra Vincenzi
Abbiamo tutti bisogno di rinforzare le nostre radici per cercare un orizzonte nuovo, che non sia rottamato. Con questa intenzione riprendiamo il nostro viaggio nell'animo umano.
 
Un viaggio che ci permetta di incontrare il coraggio e la forza che è in noi, nella nostra storia, per riavere fiducia nel nostro Paese.
 
Si dice che solo quando si rimane bloccati si impara veramente, perché invece di ampliare i rami di quello che già si conosce, bisogna fermarsi per cercare qualcosa che consenta di ampliare le radici (Robert M. Pirsig, Lo Zen e l'arte della manutenzione della motocicletta, ed. Adelphi, 1981).
E' così che si ampliano gli orizzonti, che nascono nuove possibilità, nuovi scenari prima impensabili.
Questo vale per il singolo individuo ma anche nel caso di un'intera civiltà: viene il momento nel quale è necessario ampliare le radici.

Ci sono radici che ci hanno sostenuto fino ad ora e che neanche conosciamo e, di conseguenza, non sappiamo quanta forza possano darci.
Per parlare di un'Italia coraggiosa cominceremo dalla scuola, un luogo a tutti noto, un luogo di incontro tra il processo educativo e la nuova città, direbbe Lamberto Borghi, figura centrale nella storia della pedagogia italiana del Novecento (a cura di Goffredo Fofi, Lamberto Borghi. LA CITTA' E LA SCUOLA, Ed. Elèuthera 2008).

Pur nella consapevolezza di quanto la scuola italiana sia terreno di balordi aggiustamenti ai confusi bisogni immediati dell'economia (basti pensare ai tagli alle spese di bilancio e al risanamento dei conti pubblici, di cui la scuola ne fa le spese) e delle grandi corporazioni (compresa quella degli insegnanti), trovo motivo di raccontare la quotidianità di quello che incontro nei genitori, negli insegnanti e nei bambini, che mi restituisce una visione della scuola italiana fatta non solo di ombre, ma anche di luci... fulgide!

E qui comincia il racconto, quando cinque anni fa incontrai una mamma italiana, che al momento vive per lavoro a Bruxelles con la famiglia composta da mamma, papà, due sorelle gemelle e la sorella più piccola gravemente disabile.
Questa mamma mi raccontava che a Bruxelles sua figlia avrebbe dovuto frequentare una scuola speciale, perché “...là, come in tutti gli altri paesi, eccetto l'Italia, i bambini disabili non frequentano gli altri bambini normali, quasi mai, tanto meno a scuola!”.
E' stata la prima volta che mi sono resa conto che l'Italia rappresenta un'eccezione nel panorama internazionale, per l'integrazione dei disabili nella scuola, e così cominciai ad approfondire.
Ho scoperto allora che in tema di integrazione scolastica l'Italia rappresenta nel panorama internazionale un fatto a sé: nessun altro Paese al mondo, infatti, ha intrapreso la strada così fortemente orientata all'inserimento dei disabili nella scuola comune.
 
“L'Italia ha espresso finora la normativa più avanzata in campo internazionale in tema di integrazione scolastica, inizialmente con la Legge n.118 del 30/03/1971, il primo provvedimento legislativo in materia di integrazione del bambino disabile nell'ambito della scuola normale.
La generalizzazione dell'inserimento degli alunni con disabilità nella scuola comune viene definitivamente sancita dalla Legge n.517 del 4/08/1977 che abolisce le classi differenziali e stabilisce che le classi che accolgono bambini disabili non possano superare le 20 unità.
 
Per arrivare poi alla Legge-quadro sulla disabilità n.104 del 5/02/1992, che ripropone l'impegno a rimuovere gli ostacoli di qualsiasi natura che si frappongono al pieno sviluppo della persona umana e alla sua partecipazione alla vita della nazione, come previsto dalla Costituzione.” (a cura di Lisetta Silini, Ludovica Danieli, Primarosa Bosio e Giancarlo Onger, Il passaggio dalle scuole speciali alle scuole di tutti, racconti e testimonianze, realizzato dall'Ufficio Scolastico Regionale per la Lombardia, Ufficio XI di Brescia). Finalmente le tracce di un'Italia che fa eccezione nel senso di poter vantare un progresso civile rispetto agli altri paesi.

Poi un secondo incontro tre anni fa: per lavoro e per passione mi imbatto in una scuola storica di Firenze, la Scuola per l'Infanzia Margherita Fasolo.
Ho preso appuntamento con la coordinatrice, signora Lina Mannucci, che ospitandomi e facendomi visitare la scuola mi dice che “...l'esperienza educativa di questa scuola ebbe inizio nel 1965. Fu promossa da un gruppo di genitori e di educatori che facevano parte del movimento educativo dei CEMEA (Centri di Esercitazione ai Metodi dell'Educazione Attiva)” – ancora presenti in Italia ma molto più attivi all'estero -. Quindi una scuola di metodo dove si sperimenta quella che si chiama appunto educazione attiva del bambino, che si contrappone alla troppa  educazione direttiva di cui la scuola italiana è traboccante. Guardando i bambini mi accorgo che ogni sezione di 15-16 alunni accoglie al suo interno almeno due o tre bambini con disabilità.
Chiedo spiegazioni riguardo a questa concentrazione e mi viene risposto che è una condizione, non una prassi insolita quella che adottano lì da loro, perché la loro è stata una delle prime scuole in Italia ad accogliere bimbi disabili, prima ricoverati in istituti speciali.

Ascolto, come un regalo inaspettato, le parole di questa stimata insegnante, in là con l'età, che mi racconta degli anni in cui lei era stata chiamata a Firenze, come insegnante esperta di educazione attiva – del CEMEA – per organizzare la scuola materna ed elementare presso il Centro di riabilitazione che si stava allora creando – siamo negli anni dopo il '57 quando venne varata la legge per la riabilitazione degli spastici – alla Villa Torrigiani di Firenze.
L'ideatore del progetto era Adriano Milani Comparetti, medico specializzatosi in pediatria e neuropsichiatria infantile, fratello maggiore del più noto don Lorenzo Milani.
 
La passione per l'educazione e la scuola che ha contraddistinto l'opera di don Milani, era condivisa anche dal fratello maggiore, che la tradusse nella rieducazione dei disabili attraverso l'inserimento nella scuola di tutti, rivendicando i diritti degli esclusi.
 
“Dopo pochi anni dall'apertura del Centro di riabilitazione alla Villa Torrigiani, Milani Comparetti – continua a raccontarmi la signora Lina – insieme agli educatori ed operatori del centro, notarono che i bambini ospitati soffrivano molto per la lontananza dalle loro famiglie, pur avendo una situazione ambientale adeguata e buona, e che a loro mancava una ricchezza sociale: i bambini erano tutti portatori degli stessi limiti.”
Milani Comparetti decise che il Centro doveva chiudere e si adoperò, da una parte per la creazione di centri riabilitativi decentrati sul territorio – da cui poi i consultori pediatrici -; e dall'altra per creare le condizioni per l'inserimento degli spastici nelle scuole pubbliche.

Mentre la signora Lina raccontava, davanti a me la vedevo, con Milani Comparetti ed altri di cui mi faceva i nomi, protagonisti nella lotta per l'abolizione delle scuole speciali e la non esclusione del bambino disabile dalla vita sociale.
“Dal piano pratico poi l'esperienza trovò voce nel contesto universitario fiorentino e poi nel mondo politico – continua il racconto - , fino a diventare legge”.
E così avevo incontrato i fautori di questo fenomeno dell'integrazione “tutto italiano”.

Ancora oggi rimango molto colpita da quell'incontro perché ho ricevuto l'entusiasmo sincero di chi sostiene di aver trovato la dimensione politica capace di accogliere come congeniali e concrete le proposte della propria esperienza e pensiero.
Ed immediatamente il pensiero è andato a quei bambini, a quei genitori, a quegli insegnanti che quotidianamente compiono i loro passi in questa direzione, con fatica, risorse sempre di meno, ma con convinzioni personali che non sono orfane di padri e di madri – come abbiamo visto - , bensì, sono la continuazione – seppure in tono minore, o per meglio dire, locale – di un progresso che questa volta è proprio vero: è una foresta che sta crescendo, in alcune scuole sicuramente, in altre meno o per niente, perché stiamo passando dall'esperienza di scuola per tutti, alle “scuole possibili”, con l'avvento dell'autonomia scolastica.
 
E delle spinte progressiste della società, che ritrovo ancora oggi come allora, continueremo a parlarne la prossima volta.
Dott.ssa Sandra Vincenzi
PSICOLOGA PEDAGOGISTA
www.vincenzisandra.com
 
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