Per capire le emozioni ci vuole coraggio.
Ancora più coraggio ci vuole per lasciare loro spazio, per starci insieme, accanto, davanti, intorno, dentro, esplorarle, e non lasciarsi indurre nella tentazione di trasformare subito la loro energia in azioni impulsive, non scelte, non pensate.
Già, è proprio questa l'educazione emotiva: é fatta di linguaggi, di parole per dirle, queste benedette emozioni, e di spazio e tempo e situazioni adatte per comunicarle.
Perché le emozioni hanno la tendenza a muovere verso l'esterno, uscire fuori, e millenni di tradizioni educative hanno studiato a fondo molti sistemi per non farle uscire, per bandirne alcune, tentando perfino di estirparle alla radice.
Con l'unico risultato di ritrovarsi al punto di partenza, perché questa forma di energia vitale ha una sua ferrea e stringente logica, una sua ineluttabile necessità, ovvero quella di darci degli strumenti per orientarci nella vita: quando le emozioni possono essere accolte, riconosciute, lette, affinate, diventano una bussola per vivere (Rosella De Leonibus, Cose da grandi ,Cittadella Editrice 2006).
Per avvicinarci al nostro mondo emotivo da dove cominciamo dunque?
Dalle parole.
Le parole rappresentano il vocabolario dell'anima: se non ci sono vocabolari per le emozioni, le agitazioni dell'anima non possono essere salvate con nome, vanno tutte nel calderone dello star bene o star male, annegando nel brodo indifferenziato delle sensazioni vaghe, dei malesseri senza nomi, o degli entusiasmi a fuoco d'artificio, istantanei, non riproducibili, non decifrabili.
Una volta, una persona a me cara, donna molto intelligente e capace, mi chiese: “Ma secondo te, a che serve andare dallo psicologo oggi?”.
Una prima risposta che mi venne riguardava proprio questo concetto: imparare a nominare il nostro mondo interno, perché questo permette di scoprirlo, conoscerlo, accostarlo, lasciarlo vivere, decifrarlo e usarlo poi per aumentare la consapevolezza del nostro vivere.
Accanto a motivazioni che riguardano il benessere e la salute, chi ricorre all'aiuto dello psicologo non solo vuole risolvere dei problemi, ma anche il problema che ognuno di noi porta con sé e che ha a che fare con il “conosci te stesso” per aumentare la consapevolezza di sé.
Cominciamo subito a nominarlo questo mondo emotivo: ci sono le sensazioni e subito dopo le emozioni.
Accanto, ad un livello più intenso e duraturo, ci sono le passioni, e ad un livello più diffuso ci sono gli affetti.
I sentimenti invece costituiscono un livello di distillazione più elevato di tutto ciò che li precede (sensazioni, emozioni, passioni).
Dal campo del biologico, degli istinti, delle pulsioni, al territorio sociale, delle relazioni, dei valori.
Ecco perché dare un nome a queste cose è importantissimo.
E' la prima forma di accoglienza, di riconoscimento del diritto di cittadinanza a queste energie, che in questo modo non sono più clandestine, possono avere un posto dove essere riconosciute e vivere, e trasformarsi.
Facciamo una prova, adesso qui.
Al di là delle emozioni principali, quelle di base, come possono essere la rabbia, il dolore, la gioia, la tristezza, la paura, la sorpresa, c'è un mondo di sfumature.
Munitevi di carta e penna e provate a mettere giù alla rinfusa, con il solo obiettivo di dirlo con le parole, quello che in questo momento vi agita dentro... sì, in questo preciso momento.
Scrivete, scandagliate il vostro sentire alla ricerca di qualche sensazione e poi traducetela in parole che possano descrivere emozioni, passioni, sentimenti o affetti... va bene tutto.
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Ora che avete annotato confrontate la vostra lista con questa che R. De Leonibus ci propone: confusione, serenità, simpatia, fallimento, repulsione, tenerezza, soddisfazione, irritazione, colpa, imbarazzo, orgoglio, partecipazione, isolamento, impegno, distanza, risentimento, superiorità, curiosità, noia, sufficienza, scontento, sollievo, fiducia, rispetto, appagamento, ilarità, entusiasmo, delusione, sconcerto, attrazione, invidia, sofferenza, insofferenza, urgenza, fastidio, impeto, nostalgia, timore, turbamento, titubanza, sospensione, sfinimento, felicità, amore, odio, rapimento, disprezzo, disillusione, contrizione, vergogna, fragilità, vulnerabilità, sopraffazione, affinità, disperazione, sorpresa, senso di vuoto, scoraggiamento, chiusura, estasi, disponibilità, rinuncia, rassegnazione, slancio, coraggio, abnegazione, temerarietà, ira, amarezza, leggerezza, malinconia, disincanto, angoscia, trepidazione, eccitazione, sconfitta, vittoria, terrore, panico, euforia, esaltazione...
Quante parole siete riusciti a dire nel vostro scritto?
Quante sfumature riconoscete della lista che avrebbero potuto descrivere il vostro momento, ma che non avete scritto?
Questo numero vi svela l'area di non consapevolezza riguardo ai vostri vissuti.
Quante parole diverse da quelle della lista avete riportato? Infine quante sono le sfumature che non conoscevate, neppure nel nome?
Il lavoro di arricchimento del nostro vocabolario procede di pari passo con un processo di consapevolezza dei nostri vissuti e nello stesso tempo anche con una crescita culturale: quante volte in una poesia o in un romanzo leggiamo e cogliamo sfumature che descrivono perfettamente un modo di sentire che ci appartiene, ma che mai avevamo saputo descrivere?
Perché le emozioni sono come i colori della tavolazza di un pittore: più ne abbiamo, infinite diventano le possibilità di creare immagini uniche, e le opportunità di utilizzarle.
La natura ci dona alla nascita una tavolozza con dei colori già abbozzati, che rende ognuno di noi unico ed insostituibile; man mano diventiamo grandi saranno le esperienze che facciamo che arricchiscono la tavolozza.
L'elaborazione delle nostre sensazioni ed il coinvolgimento di mente, corpo, cuore ci portano a sperimentare nuovi colori.
Alla fine della nostra vita riuscite ad immaginare che tesori avremo a disposizione, quanti colori e quante gradazioni arricchiranno il nostro comunicare, il nostro parlare e il nostro pensare?
E allora diamoci tempo per imparare le parole per dirlo, per impararne di nuove, per imparare a legare la parola alla sensazione precisa che abita dentro di noi, in una ricerca che non finisce mai e che alla fine ci ricompenserà con tesori immensi.
Dott.ssa Sandra Vincenzi