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16 Gennaio 2014, 09.05

Pillole di Psicologia

Possono bambini molto piccoli imparare a leggere?

di Sandra Vincenzi
Col metodo Doman, oggi, i bambini con danni cerebrali di soltanto due o tre anni, imparano regolarmente a leggere; e con lo stesso metodo è possibile iniziare bambini normodotati alla lettura, anche entro il primo anno di vita. Come si è arrivati a scoprire ciò, ce lo racconta proprio Glenn Doman, nel libro citato a fine pagina.
 
“Fu Tommy  Lunsky ad aprirci gli occhi - racconta Glenn Doman -. Tommy era il quarto figlio e nacque gravemente cerebroleso. A due anni fu ricoverato per esami neurologici e quando fu dimesso (siamo negli anni '60) il primario lo decretò un bambino che viveva allo stato vegetativo, che non avrebbe mai camminato e parlato, e quindi che andava ricoverato in qualche istituto per tutta la sua vita.
I genitori di Tommy non si rassegnarono e cercarono qualcun altro che dicesse loro che non doveva necessariamente andare così per il loro bambino.
Al terzo compleanno di Tommy ebbero informazioni riguardo al nostro Gruppo di Riabilitazione di Filadelphia e ci portarono il bambino, che allora non poteva né muoversi, né parlare.
Gli fu prescritto un programma di cure ed ai genitori venne insegnato a svolgere questo programma a casa, e dicemmo loro che Tommy sarebbe notevolmente migliorato se lo avessero eseguito regolarmente e fedelmente.......

Quando tornarono per la seconda visita Tommy poteva strisciare... si buttarono sul programma con l'energia ispirata dal successo... dopo poco Tommy poteva dire due parole: mamma e papà. Ora aveva tre anni e mezzo e poteva anche andare a carponi.

Poi, sua madre, fece qualcosa che solo una madre potrebbe fare con un bambino come Tommy.
Allo stesso modo in cui un padre compra un pallone da calcio per un figlio piccolissimo, questa mamma comprò un libro per imparare a leggere e scrivere (un abbecedario) per il suo bambino cerebroleso, capace di dire due sole parole. Secondo la mamma, Tommy era un bambino molto intelligente, che potesse o non potesse parlare!

Noi prestammo poca attenzione a questa mamma: eravamo d'accordo sul fatto che Tommy fosse intelligente, ma insegnare a leggere a un bambino cerebroleso... e poi di tre anni e mezzo... bene... era decisamente un altro paio di maniche!

Quando Tommy aveva 4 anni, veniva alle visite, e la mamma riferiva che poteva leggere tutte le parole dell'abbecedario, anche più facilmente delle lettere. Ma noi eravamo più interessati e compiaciuti del suo linguaggio, che ora progrediva costantemente, così come la sua mobilità fisica.

Quando Tommy ebbe 4 anni e due mesi, suo padre ci raccontò che Tommy poteva leggere da solo libri per bambini. Sorridemmo educatamente ed annotammo, per contro, gli importanti progressi del suo linguaggio e del suo movimento...

Quando Tommy tornò per la sua undicesima visita, aveva 5 anni, e benché fossimo orgogliosi dei suoi fantastici progressi, niente, all'inizio di quella visita, faceva supporre che questo giorno sarebbe stato importante per tutti i bambini. Niente, cioè, tranne il solito assurdo rapporto del papà, sulle capacità di lettura del figlio.
 
Mentre il papà stava nuovamente cercando di dirci che Tommy sapeva leggere, fummo salvati dall'arrivo del personale di cucina con il pranzo: succo di pomodori e polpette. Il papà di Tommy, notando la nostra mancata risposta, prese un pezzo di carta dal tavolo e scrisse: «A Glenn Doman piace bere succo di pomodoro e mangiare polpette».
Poi prese il foglio e lo mise sotto gli occhi del figlio che lesse queste parole con facilità, ad alta voce, come un bimbo di sette anni.
 
«Scrivete un'altra frase!» dicemmo lentamente.
E si ripeté la prova con altre frasi che il papà si divertiva a rendere buffe... e vedevamo Tommy ridere mentre comprendeva benissimo quanto il padre stava scrivendo, senza neanche bisogno di leggere per esteso e lentamente il testo.
Questo bambino gravemente cerebroleso stava in realtà leggendo molto più in fretta di quanto non pronunciasse le parole a voce alta, alla sua normale velocità di lettura. Tommy non solo leggeva, ma leggeva rapidamente e la sua comprensione era evidente. Il papà di Tommy si rivolse alle nostre facce fulminate dicendo «E' due anni che vi dico che sa leggere!».

Dopo quel giorno nessuno di noi fu più lo stesso...Tommy ci aveva insegnato che anche un bambino gravemente cerebroleso può imparare a leggere molto prima di quanto non faccia normalmente un bambino sano.
Quando compì sei anni Tommy camminava, benché fosse ancora per lui una cosa nuova e traballasse un po', ma leggeva a livello di un bambino di 11-12 anni.
Non avrebbe passato la sua vita in un istituto, ma i suoi genitori cercarono una scuola speciale per farlo frequentare. Speciale ad «alto livello», non speciale a «basso livello».
Tommy aveva avuto il dono di avere genitori che credettero che il loro bambino non stava raggiungendo il suo potenziale. Ma la cosa più affascinante era che Tommy voleva leggere e ne godeva tremendamente.

Fu così che scoprimmo che l'unico motivo per cui nessun adulto aveva mai rivelato il segreto della lettura ai bambini piccoli era che... nemmeno gli adulti lo conoscevano: la grandezza dei caratteri di stampa.
Il guaio era che avevamo fatto i caratteri di stampa troppo piccoli, che vanno bene per i canali visivi raffinati dell'adulto, non per quelli di un bambino. Tenendo i caratteri così piccoli, un bambino in età prescolare semplicemente non poteva notare che le parole differivano, proprio come ci sono adulti che non si sono mai curati di notare la differenza tra un'ape e una vespa.
 
Il segreto consiste semplicemente nel rendere al bambino piccolo facile il notare che le parole stampate sono una diversa dall'altra, scrivendole in caratteri molto grandi. Per un bambino di 2 e 3 anni è uguale riconoscere dei colori, oppure dei suoni, oppure ancora delle scritte.
Non c'è differenza alcuna per il cervello fra il  «vedere» un'immagine o il «sentire» un suono e comprenderli entrambi, dare loro un significato.
Li può capire entrambi egualmente bene: tutto ciò che occorre è che i suoni siano abbastanza forti e chiari perché l'orecchio li oda; e i caratteri di stampa abbastanza grandi e abbastanza chiari perché l'occhio li veda, in modo che il cervello possa interpretarli”.

Usciamo dal racconto per trarre delle conclusioni. In circa vent'anni Glenn Doman e il suo gruppo di Ricerca e Riabilitazione erano passati dal far muovere un po' il bambino cerebroleso (sul pavimento); al farlo muovere un po' di più (impartendo degli schemi motori quando il cervello non era in grado da solo di riprodurli); fino a raggiungere la meta di farlo camminare.
E quando molti bambini ci riuscirono, mirarono a farli camminare normalmente.

Nel linguaggio, un tempo il traguardo era di aiutarlo ad emettere suoni significativi, anche se limitati; poi cercarono di fare di più, ed infine la meta divenne il farlo parlare normalmente.
Oltre a camminare e parlare aggiunsero anche il saper leggere. Quando questo fu raggiunto, il traguardo fu portare il bambino a scuola, una qualunque scuola. Più tardi il portarlo in una scuola con bambini normali, non importava quanto fosse indietro rispetto a loro. In un periodo successivo, il traguardo divenne il farlo entrare in una scuola con bambini sani della giusta età, anche se sarebbe stato uno degli ultimi della classe. E infine ...”lo volemmo alla pari dei suoi coetanei, in qualunque modo, nella scuola e fuori. Lasciate che mi affretti a precisare che non vogliamo implicare che questo sia sempre possibile, ma che almeno oggi è sempre il nostro traguardo!”.

E mentre leggo queste parole, di quasi cinquant'anni fa, penso a tutti i bambini disabili che ho incontrato: a quelli che, seguendo determinati metodi, anche se non parlano però leggono, sono inseriti in classi, scuole, dove la richiesta non è di custodia, ma di apprendere, di imparare continuamente, anche a leggere, anche l'inglese, anche l'informatica, anche lo sport fuori dalla scuola, anche la musica, gli scout...
 
Anche! Tutto ciò la dice lunga su cosa possiamo aspettarci da un bambino cerebroleso, da un bambino disabile... ma non solo da lui! Il tentativo di Glenn Doman è stato quello di curare e anche guarire bambini cerebrolesi, e mentre scopriva le tecniche pensò bene di applicarle anche ai bambini normodotati.
“Ed è stato in questo tentativo che abbiamo anche imparato come moltiplicare l'intelligenza dei  bambini sani...” ma questa è ancora un'altra storia. Ne parleremo la prossima volta.

Glenn Doman, Che cosa fare per il vostro bambino cerebroleso, Armando Editore, 1975

Dott.ssa Sandra Vincenzi
www.vincenzisandra.com
 
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