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14 Marzo 2013, 10.00

Storie

Ritrovata in Valgobbia un'antica mola per le spade

di Redazione
In località Tufi alla Pieve di Lumezzane Roberto Bertoli ha ritrovato un'antica mola perfettamente conservata e utilizzata per la produzione di spade e lame varie. Nella zona sorgeva fino a pochi decenni fa la Polotti Scherma, specializzata nei fioretti
 
Un’antica mola per sagomare e affilare le spade è emersa durante i lavori di scavo per il basamento di una macchina utensile. L’ha rinvenuta Roberto Bertoli, titolare della Stanber (con la moglie Marisa e i figli Stefano, Graziella e Renato), unitamente ad un pezzo d’acciaio d’un fioretto appena abbozzato.
 
La zona è quella dei Tufi, a Pieve, dove fin dall’antichità, grazie al torrente che la solcava, vi erano fucinette alimentate dall’energia idrica, nelle quali si fabbricavano lame d’ognitipo, coltellerie e fioretti, più rinomati di quelli pur celebri di Toledo.
 
Non per caso proprio ai Tufi aveva mantenuta la secolare tradizione delle lame la Polotti Scherma, dove fino a qualche decennio addietro si costruivano ancora i fioretti, ricavati da un cilindretto d’acciaio incandescente, passato sotto una martellante Berta a frizione che l’abile addetto manovrava battendo sul pezzo fino a ricavarne, appunto, la lama flessuosa e sottile del fioretto.
 
Una produzione finita con la ... fine dell’ultimo artigiano perché nessun altro aveva raccolto l’eredità faticosa e assordante dell’antica Berta. La mola è perfettamente intatta. Bertoli l’ha raccolta amorevolmente, assieme a una seconda mola di maggior diametro, utilizzata per l’affilatura delle lame.
 
Le mole si ricavavano dalla pietra di Sarnico o dalla pietra Simona della Valcamonica, perché molto tenere e adatte alla lavorazione del metallo. I molete stavano bocconi su un’asse, al pelo della mola in vorticoso ruotare, alimentata dalla forza dell’acqua in caduta libera sulla pale della grande ruota idrica.
 
Praticamente il moleta teneva la faccia a un palmo della mola che, non di rado, per lo stress da lavorazione, andava in pezzi e colpiva l’operaio in pieno volto «Così - ricorda Bertoli - è rimasto ucciso mio nonno, colpito alla fronte da un pezzo di mola andata in frantumi».
 
Quella rinvenuta nello scavo ha una caratteristica particolare, solcata com’è da quattro scanalature per dare incavo alla spada che non doveva essere a lama piatta per consentire l’immediato sgorgar del sangue una volta trafitto l’avversario o il nemico.
 
Il foro centrale è ... quadrato. Gli antichi artigiani lumezzanesi, specialisti in «ferrarezze» - come annotava nel censimento del 1610 Giovanni da Lezze - lo avevano disegnato così affinché la mola non girasse a vuoto su un albero tondo. 
 
 
Fonte: Egidio Bonomi, "Giornale di Brescia", 10 marzo 2013.
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