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17 Luglio 2013, 09.00

Politica

Masse e tasse

di Leretico
La situazione italiana non è poi tanto diversa da quella che sta infiammando l'Egitto. Perchè allora da noi le masse assitono inermi a quanto sta accadendo?

Dall'inizio dell'anno 2013 in Egitto sembra ci siano state più di 5.500 manifestazioni di protesta di carattere sia sociale che economico.
L'Egitto, dopo la rivoluzione del 2011 in cui Mubarak fu costretto a dimettersi dopo trent'anni di dittatura, sembrava essersi stabilizzato in un equilibrio precario ma durevole, governato dai Fratelli Mussulmani e dal presidente Morsi.
Le aspettative di riforma e miglioramento delle condizioni di vita del paese erano elevatissime.
 
La numerosità delle manifestazioni di protesta del 2013 e la recentissima destituzione di Morsi parlano invece molto chiaro: il popolo egiziano sta male, vuole una vita migliore e pretende dalla classe politica la realizzazione di questo progetto.
Non sembra che i politici egiziani abbiano saputo ascoltare e sono stati travolti dall'onda popolare di malcontento.
 
Sembra che i più arrabbiati siano i piccoli imprenditori, quelli che si aspettavano riforme vere per una maggiore libertà economica, meno burocrazia, meno corruzione.
Speravano nella rivoluzione del 2011 come momento di cambiamento, punto di svolta. Speravano che si sarebbe smesso di favorire solo le grandi imprese legate, in qualche modo, al governo e ai militari; speravano che finalmente si sarebbe operato a favore delle numerosissime piccole imprese che, come in altri paesi, costituiscono il tessuto più produttivo della nazione.
 
Ebbene le aspettative di riforme e di miglioramento sono state deluse.
Ventidue milioni di egiziani su trenta hanno firmato la domanda di dimissioni del presidente, il primo presidente eletto nella storia dell'Egitto, il secondo destituito dalla rabbia popolare.
 
Insomma, nella "periferia dell'impero", dove la crisi economica ha i suoi effetti maggiori, dove l'inflazione e la povertà sono problemi endemici, la gente si muove in massa per cambiare le cose, pretende riforme, pretende dal potere un rinnovamento, pretende giustizia.
 
In Italia la crisi morde altrettanto ferocemente: abbiamo perso il 25% della nostra produzione industriale negli ultimi 5 anni.
Non credo potremo più recuperarla.
Abbiamo una burocrazia autoreferenziale e asfissiante, quando non è arrogante e disumana (vedi Equitalia e Agenzia delle Entrate).
Abbiamo la Pubblica Amministrazione indebitata per più di 100 miliardi di euro con le imprese private, soprattutto quelle medio piccole.
 
I politici annunciano in continuazione azioni, correzioni, ma non passano mai ai fatti.
Nonostante ciò nessuna massa si muove.
Faccio notare che tale debito è per la maggior parte scaduto, ossia la PA non ha rispettato i termini di pagamento stabiliti per contratto. Sembra che nel 2012 un fallimento su tre, nel privato, sia dovuto alla mancata riscossione di crediti verso la PA. Insomma le aziende muoiono, gli imprenditori si suicidano perché lo stato (con la s minuscola), non rispetta le leggi che lui stesso ha emanato.
Nonostante ciò nessuna massa si muove.
 
La tragedia si trasforma in beffa al momento in cui lo stato (con la s minuscola) pretende dai cittadini, in forza delle stesse leggi di cui sopra, il rispetto dei termini di pagamento delle tasse. Guai a sgarrare di un giorno. Sequestri, ipoteche, processi, persecuzioni con aggi elevatissimi.
Sanno solo dire: la legge va rispettata. Si dimenticano di aggiungere: da parte di tutti anche e soprattutto da parte dello stato (con la s super-minuscola). E come se un ladro pretendesse la pena di morte per chi ha svaligiato la sua casa proprio mentre era impegnato nell'ennesimo furto.
 
Pensate a quanto è ridicolo lo spettacolino che hanno messo in piedi con la questione dell'aumento dell'IVA, previsto per i prossimi mesi dalla lungimirante manovra del "professor" Mario Monti: c'è chi dice che l'aumento deprimerebbe i consumi portando alla fine meno introiti di quelli programmati (presidenti delle commissioni finanza di Senato e Camera), e chi invece sostiene che al gettito non si può comunque rinunciare (ministro Saccomanni).
E mentre loro dibattono, le cose peggiorano. Il governo (con la g super- minuscola) delle grandi intese sembra essere quello delle grandi contese, comunque quello delle grandi spese.
 
Ma tutti questi aumenti di tassazione a cosa servono? Forse a rilanciare il paese? Non scherziamo. In pratica l'aumento della tassazione è necessario per garantire i livelli di funzionamento dello stato.
Il trasferimento forzato di risorse dal privato al pubblico, proprio nel momento economico più terribile per l'Italia dalla seconda guerra mondiale, è vergognoso.
Enti, euntucoli, entucchi, entini di ogni sorta, come la lunga coda di improbabili individui che componeva il seguito immondo dei Lanzichenecchi alla conquista del ducato di Mantova nel 1630, appesi al carrozzone sbilenco e inefficiente della PA, "resistono" alla crisi senza curarsi di chi li circonda, sottraendo risorse vitali al privato per garantire la propria parassita continuità.
 
Ma non si era detto che lo stato (sempre con la s super-minuscola) doveva essere al servizio dei cittadini?
Ebbene per servizio non si intendeva quello funebre. Il solito teatrino dell'italietta politica, votato al rimando di tutti i nodi essenziali per il paese pur di stare in piedi, ci confermano in un convincimento: il nostro paese è in decadenza, pieno di debiti, in mano ad una classe dirigente vecchia, se non fuori dentro, e conservatrice che a tutto pensa tranne che alle riforme necessarie per il rilancio vero dell'economia.
Il diritto è continuamente calpestato, la giustizia è un'utopia, la corruzione è la prassi persino a livello di municipalità piccole come i comuni di montagna, dove gli arraffoni la fanno da padrone per anni.
La cosa incomprensibile, nonostante la gravità dei guai italiani, è la completa inerzia sul piano della protesta sociale.
 
Gli italiani, mentre segnano ancora record di litigiosità per il numero stratosferico di cause civili che intasano i tribunali, quando si tratta di cose pubbliche non sembrano appassionarsi. Anzi, a differenza degli egiziani, subiscono insensibili le arroganti manifestazioni delle amministrazioni e di chi le regge.
 
Forse una spiegazione c'è: in Italia si pretende troppo poco dal governo (con la g super-minuscola), ci basta che sia in piedi; le tasse possono essere altissime, tanto chi non le pagava prima non le pagherà nemmeno dopo; gli "strumentoni" da circo tipo il redditometro serviranno a colpire i soliti noti, mentre i veri evasori continueranno a essere difesi dalle loro "aderenze" politiche; insomma la solita commedia e la triste rassegnazione degli italiani onesti, per fortuna ancora in maggioranza.
 
Ma l'Egitto non è poi così lontano, i segnali di un forte malcontento sono già manifesti (vedi successo del M5S).
Mentre i politici dormono sugli allori delle grandi intese, la gente potrebbe veramente uscire dall'inerzia e protestare in massa.
E allora non ci sarebbe più trippa per gatti, e nemmeno per cani. A confermare, per chi non lo avesse capito, che le masse non vanno d'accordo con le tasse, men che meno con chi la tira in lungo senza fare le scelte necessarie.
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