Rocco Tiberti scopre la «Daphnia Middendorffiana»
di Andrea Alesci
Il 27enne originario di Sarezzo e dottorando presso il Dipartimento di Biologia animale all'Università di Pavia ha scoperto quest'estate, nei laghi del Parco nazionale del Gran Paradiso, un microrganismo che si credeva vivesse solo nella tundra artica
Spesso la vita sa insinuarsi dove meno ce l’aspetteremmo. Un curioso ritrovamento è stato fatto quest’estate nei laghi che stanno all’interno del Parco nazionale del Gran Paradiso: si tratta di un micoorganismo dall’ostico nome (Daphnia Middendorffiana, nella foto 4), un piccolo crostaceo d’acqua dolce delle dimensioni di tre millimetri e mezzo, che di solito vive nella tundra artica, spingendosi fino alle latitudini più estreme e comunque sopra i 2.600 metri di quota.
Una scoperta che ha dell’incredibile, fatta dal saretino Rocco Tiberti (nella foto 1) e pubblicata sulla prestigiosa rivista scientifica “Journal of Limnology”. Classe 1983 e dottorando presso il Dipartimento di Biologia animale all’Università di Pavia, Rocco Tiberti collabora dal 2006 con il Centro studi fauna alpina del Parco per il programma internazionale Acowa finanziato dalla Ue (Assessing Climate Impacts on the Quantity and Quality of Water - Valutazione dell’impatto dei cambiamenti climatici su quantità e qualità dell’acqua”); quest’estate la sorprendente scoperta, durante le consuete ricerche ecologiche che da anni interessano i laghi del Parco, con particolare riferimento a quello superiore del Nivolet (foto 2), ai Trebecchi e al Lillet (foto 3).
“Il rinvenimento di questi microrganismi – spiega proprio Rocco Tiberti – è inconsueto, perché sono identici a un altro gruppo di daphnia che vive tra Artico, Siberia e Canada. All’inizio credevamo si trattasse di una specie di relitto glaciale rimasto nei laghi dopo il ritiro dei ghiacciai. In realtà, sembra proprio un caso di forte convergenza ecologica, favorita dalle stesse condizioni climatiche (climi freddi, estati brevi e stessi livello di pressione atmosferica)”.
Stando così le cose, le daphnia della tundra artica e quelle presenti nel Parco italiano avrebbero seguito una linea di evoluzione parallela, abbandonando entrambe la riproduzione sessuale a favore della partenogenesi, per favorire la sopravvivenza della specie. Questo significa che le uova non hanno bisogno di essere fecondate e ogni figlio è identico geneticamente a tutti gli esemplari di una certa zona.
“Anche se per noi è di dimensioni molto piccole – precisa il giovane ricercatore –, la daphnia è l’organismo zooplanctonico più grande dei laghi alpini, esponendola così ai predatori come i salmerini, introdotti in passato e senza i quali i laghi alpini sarebbero completamente liberi da pesci e dai loro effetti devastanti sulla biodiversità autoctona”.
Alcuni campioni di daphnia middendorffiana sono già stati processati e ora si attendono i primi risultati. “Comunque – specifica Achaz von Hardenberg, biologo del Parco nazionale Gran Paradiso –, la scoperta di questo microscopico crostaceo da parte del 27enne triumplino e del suo gruppo diventa un’ulteriore conferma della necessità di tutelare delicati ecosistemi d’alta quota come i laghi del parco, prospettando azioni di conservazione che limitino l'impatto delle specie introdotte”.
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