L'ex magistrato di Mani pulite Gherardo Colombo è stato ospite a Brescia dell'incontro intitolato "Sulle regole. Democrazia, legalità e felicità"
Come siamo messi con le regole? Quando sentite parlare di regole vi viene da dire Evviva oppure Uhhh (accompagnato da una smorfia)?
Questa la domanda posta a contatto diretto con il pubblico dal relatore del tema “Sulle regole. Democrazia, legalità e felicità”, durante l'incontro avvenuto martedì 29 gennaio presso il Teatro Sociale di Brescia (1), e l'interrogante era Gherardo Colombo, ex magistrato ora dedito ad una intensa attività di educazione permanente sui temi della democrazia e della legalità, destinata ad un pubblico di adulti, ma anche, e prevalentemente, di giovani nelle scuole.
Il rapporto con i numerosi partecipanti in sala è informale, il carattere del discorso colloquiale, l'atmosfera distesa; Gherardo Colombo non se la tira per niente, nonostante venga presentato come personaggio assai noto e di rispetto, una guest star come viene definito da chi lo presenta alla platea degli ascoltatori. Infatti scende subito dal palco e si avvicina alla gente, parla direttamente con le persone, si rammarica che le classi di studenti presenti siano distanti, in galleria, mentre avrebbe preferito poter colloquiare più facilmente con loro, i giovani, che sono i destinatari preferenziali del messaggio sulla legalità e, Sono anche più sinceri degli adulti, commenta. Infatti dalla galleria giungono vari Uhhh, perché, come dichiara Michele, Le regole ci obbligano a fare cose che noi non vogliamo. E' su questo motivo, la confutazione che la regola sia solo una limitazione della libertà, che si incentra infatti la relazione di Gherardo Colombo, o per meglio dire, la sua conversazione con il pubblico.
Siamo dunque certi che le regole obbligano sempre? Secondo il relatore questa percezione è propria di una formazione culturale superata, Viviamo ancora nel passato, sostiene, quando la società era strutturata verticalmente e solo alcuni, chi stava in alto, potevano, tutti gli altri, la stragrande maggioranza che stava in basso, dovevano: diritti per pochi e doveri per molti, fondati sul presupposto della diversità di valore tra le persone. Ecco dunque che l'idea di regola con significato prescrittivo, destinata alla grande maggioranza della popolazione esclusa dall'accesso a molti diritti, diviene l'unica accezione di un concetto che oggi è più estensivo; infatti le regole non sempre obbligano, molte al contrario permettono.Tale possibilità è stata resa attuabile con l'entrata in vigore della Costituzione Italiana che ha ribaltato completamente le basi culturali delle società precedenti, introducendo il principio fondamentale dell' uguaglianza di valore tra le persone: Tutti i cittadini hanno pari dignità sociale (art. 3), un principio che consente alla popolazione l'esercizio di diritti e opportunità di vita precedentemente impensabili: libertà di pensiero, di stampa, di religione, di convinzioni politiche, possibilità e libertà di voto senza esclusione di sesso, razza, condizioni economiche e sociali (2). E' l'esempio più alto di ciò che le regole permettono, come del resto è tutto lo spirito che informa i dodici Principi Fondamentali della Costituzione Italiana; le regole a carattere prescrittivo, quelle che stabiliscono i doveri del cittadino, sono indicate in seguito, nella Parte Prima, poiché sono strumentali, cioè servono a garantire i diritti e le libertà sancite dai Principi Fondamentali; tra questi è molto ben esplicitato il dovere per eccellenza, quello che obbliga lo Stato a rimuovere gli ostacoli che limitano le libertà dei cittadini (2). Lo sviluppo della tematica porta così ad affrontare argomenti che toccano il nervo scoperto di una società che non ha saputo, o voluto, favorire la crescita di cittadini consapevoli, mantenendoli spesso nella condizione di sudditi tenuti all'obbedienza, piuttosto che all'esercizio della scelta e della responsabilità individuale. Permane ancora un diffuso spirito di sudditanza, dovuto a immaturità, che molti si tirano dietro anche quando diventano grandi, perché essere cittadini anziché sudditi è difficile, costa fatica, è la sentenza dell'ex-giudice emessa a turbare le nostre coscienze non sempre immacolate e innocenti; Gherardo Colombo non assume il tono del censore fustigatore di costumi, ma il colpo va a segno e in qualche occasione per un attimo il silenzio in sala si fa più intenso. Soprattutto quando esemplificando viene richiamata la coerenza dei comportamenti, dal banale parcheggiare in sosta vietata, all'usufruire di favori e privilegi, al più importante evadere le tasse; fatto quest'ultimo che limita sì l'erogazione di servizi alla collettività, ma soprattutto impedisce l'attuazione dei diritti (la mancanza di fondi per la scuola, ad esempio, toglie il diritto all'istruzione gratuita). Insomma, La giustizia non può funzionare, a mio parere, se i cittadini non hanno un buon rapporto con le regole, è la sintesi del pensiero di chi unisce all'esperienza professionale nel campo della magistratura di ieri, l'esperienza educativa nella suola e nella società oggi. Se democrazia è il governo del popolo, e se il popolo si astiene dal partecipare al governo della società, abdica alla sua funzione di cittadinanza; la libertà non è licenza, potere di sopraffazione, libertà è poter scegliere, stare nel mondo consapevolmente e decidere in autonomia, facendo valere i diritti personali e collettivi che la Costituzione ci garantisce, Questo però costa impegno, bisogna mettercisi, conclude il relatore, perché siamo molto bravi a lamentarci, ma quanto ad impegno, solo nelle ore di ufficio; scherza Gherardo Colombo, ma è molto serio quando afferma che dobbiamo ricordare che non esiste un diritto che non sia supportato da un dovere.
E la felicità? Se in una società le regole garantiscono davvero la libertà, si va verso uno stato di giustizia, di sicurezza, di serenità, e anche di felicità per tutti. Una lezione di diritto e di vita che deve far riflettere sul progetto di società futura che gli adulti, e i genitori in particolare, stanno preparando per il futuro dei giovani.
Su iniziativa del Centro Teatrale Bresciano (CTB)
Art. 3: Tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono uguali davanti alla legge, senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali.E' compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che, limitando di fatto la libertà e l'uguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l'effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all'organizzazione politica, economica e sociale del Paese.
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