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15 Febbraio 2015, 08.12

Quaderni di Cinema

La marcia di «Selma» e il ritratto di un grande dei nostri tempi

di Nicola 'nimi' Cargnoni
Film che si inserisce nel filone della biografia: nelle sale il biopic sui giorni che hanno cambiato la storia degli afroamericani

La regista Ava DuVernay, fino a oggi autrice di soltanto un paio di film mai giunti in Italia, ma che si è distinta come miglior regista al Sundance del 2012, ha scelto il registro del ritratto intimista per raccontare il reverendo Martin Luther King.
Evitando accuratamente la trappola dell’agiografia, la DuVernay traccia un ritratto estremamente umano dell’uomo che ha saputo incarnare lo spirito della rivolta senz’armi e che ha saputo farsi carico delle istanze della comunità nera degli Stati Uniti.

È la primavera del 1965:
Martin Luther King e compagni decidono che è il momento di agire in maniera muscolare e decisa per far valere le proprie convinzioni, per promuovere i diritti dei neri.
Per fare questo scelgono una cittadina del profondo sud degli Stati Uniti, là dove grettezza e ignoranza sono colonne portanti della società.
Scelgono Selma, in Alabama, dove la maggioranza degli abitanti è di pelle nera; nonostante questo, però, i negri di Selma sono vilipesi e schiacciati dall’arroganza di chi amministra le contee, che si tratti della giustizia, del diritto al voto o dei normali pari diritti a una vita dignitosa.

Martin Luther King non è un eroe.
È un giovane uomo, padre di famiglia, che agisce mosso dalla potenza dei propri ideali e che nutre una profondissima fede religiosa; ma, in quanto uomo, è animato anche da dubbi, incertezze, paure. Ed è magistralmente interpretato da David Oyelowo.
La forza di «Selma» sta proprio nel raccontare queste dinamiche, senza rendere grottesca l’immagine del reverendo.
La grandezza di un film biografico sta proprio nel saper trattare il materiale umano a disposizione, senza esondare e senza rompere gli argini dell’equilibrio narrativo.

«Selma» è, a modo suo, un film necessario, che ci racconta degli avvenimenti che hanno realmente cambiato il destino di milioni di afroamericani.
La legge anti-segregazione era stata da poco firmata, ma non bastava. I negri detenevano il diritto di voto, ma soltanto con l’assenso dei tribunali che erano comunque amministrati da chi era scelto dalla popolazione. Per scegliere gli amministratori occorreva possedere la tessera elettorale. Un cane che si morde la coda, insomma.
E Martin Luther King irrompe in questo schema per distruggerne i confini, per cambiarne le regole.

A differenza del più focoso Malcolm X, i seguaci di Luther King seguiranno imperterriti la logica della non-violenza; nel film emerge vigorosamente questo aspetto, anche grazie alla crudezza delle violenze a cui sono sottoposti i neri di Selma. Violenze alle quali loro rispondono compattandosi e richiamando a sé l’attenzione di tutto il mondo.

Usando il linguaggio sportivo
, la prima parte è molto tattica e lascia che il pubblico possa “studiare” i personaggi, senza mai rallentare il ritmo della visione. Vengono messi in campo tutti i protagonisti dell’epoca, dal presidente Johnson al governatore dell’Alabama George Wallace, da Malcolm X al direttore dell’FBI J.E. Hoover, quest’ultimo vero e proprio burattinaio di un’infinita caccia alle streghe, che dal maccartismo in poi ha messo in atto il meccanismo del COINTELPRO, una spudorata lesione della privacy di tutti i cittadini minimamente sospettati di qualsiasi cosa.

È qui che lo spettatore può venire a contatto con la profondità d’animo del reverendo, grazie anche a una regia che non lascia spazio al manierismo o alle didascalie; la scelta della DuVernay è quella di porci di fronte alle difficoltà che avrebbero fermato quasi chiunque: dalle minacce al difficile rapporto con la moglie, causato soprattutto dalle tantissime assenze da casa.
Ma Martin Luther King, semplicemente, lottava per il futuro (anche) dei suoi figli, e questo richiedeva che lui fosse sempre in azione, sempre presente.

La regia della DuVernay si avvale di un taglio semi-documentaristico
, senza mai sfociare nella semplice messa in scena, ma rendendo lo spettatore emotivamente partecipe all’azione, grazie anche a una fotografia naturalistica e per nulla estraniante, e grazie a un cast ricco di personalità.
La seconda parte del film segue un crescendo che concretizza la potenza dell’azione. I discorsi di Luther King sono appassionati e sinceri, mentre alla causa si uniscono anche i milioni di americani bianchi liberali su cui il movimento sperava.

L’ignoranza, l’arroganza e la prepotenza del governatore Wallace e dei cittadini dell’Alabama riescono a fare ciò che non erano riuscite a fare le tantissime e intelligentissime preghiere di Luther King al presidente Johnson.
E il film della DuVernay è questa splendida metafora del potere autodistruttivo che l’ignoranza possiede, soprattutto quando di fronte c’è un movimento così vitale, così pieno di fermento e così desideroso di conquistare i diritti civili come quello guidato da Martin Luther King.

Il film è certamente da vedere, anche perché storicamente ineccepibile.
Sono da smentire quelle polemiche che accusano un rapporto troppo teso tra Luther King e il presidente Johnson: è vero che i due andavano d’accordo e avevano molti ideali in comune, ma nel film viene perfettamente rappresentata la tensione a cui Johnson era costretto: da un lato le idee liberali, dall’altro il muro del pregiudizio che era ancora da sfondare.
Le immagini della marcia di Selma hanno contribuito a far sì che il presidente pronunciasse il mitico discorso al Congresso, promuovendo la legge per l’eliminazione di tutti gli ostacoli sulla strada dei diritti civili.

Nel 1965 Martin Luther King aveva soltanto 36 anni: è onestamente impossibile non commuoversi di fronte alla forza che possono assumere gli ideali, quando essi animano un’intera popolazione, risvegliandone la dignità e la voglia di rivalsa.

Valutazione: ***½.

Nicola ‘nimi’ Cargnoni

In uscita giovedì 12 febbraio (da segnalare): Timbuktu, Whiplash.
Già nelle sale (da segnalare): Birdman, Biagio, Educazione affettiva, Gemma Bovery, Turner, Difret, Piccoli così, Still Alice.

Per conoscere la programmazione della provincia:
1.    Andare su http://www.mymovies.it/cinema/brescia/
2.    Appare la lista dei film presenti in città e provincia
3.    Per ogni film è segnalato il paese o il cinema in cui lo si può trovare

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