Le parole Hanno una superficie, una profondità, luna visibile e laltra invisibile che solo lintuizione, la conoscenza emozionale, riesce a cogliere dice lo psichiatra Eugenio Borgna, attento lettore dellanima (Le parole che ci salvano, Einaudi).
Noi siamo parole che vivono, cercano, raccontano. Narriamo di noi in quanto parole pensate, pronunciate, ascoltate e con queste diamo spazio alle relazioni. O le azzeriamo.
Grazie alla parola ci siamo fatti esseri umani, capaci di scambiare non solo vocalizzazioni, anche se importanti, ma suoni con significati e dunque parole come concetti ed emozioni, cioè sentimenti che danno forma a lIO e rappresentazione al Tu.
Tutto è cominciato lontano nel tempo. Cè chi dice 200 mila anni fa, altri molto prima. Ma di certo la comparsa della parola ha dato significato e forma alle sensazioni e alle intuizioni che cerano già nei nostri antenati. Per questo le parole contano, anche se non bastano da sole, in quanto come sostiene Baricco, servono i colori e le forme, le note e le emozioni.
Ma ad ascoltarle bene le parole, scopriamo che da sole hanno tutti i significati e le variazioni possibili, i filamenti del bene e del male, le luci e le ombre. Ci sono, in effetti, parole che costruiscono e parole che distruggono, che uniscono o dividono, che aiutano oppure feriscono. E anche quelle che uccidono e devastano.
A seconda del come le diciamo, del luogo e dello stato danimo, del contesto e del tempo, le parole acquistano un significato, lo perdono, lasciano indifferenti oppure producono conseguenze. Danno speranza e disperazione.
parole come le conchiglie, semplici ma con il mare dentro scrive Alessandro DAvenia (Cose che nessuno sa, Mondadori). E chi fa il mestiere dellanalista sa che le parole da mortifere possono diventare curative. Sa che la terapia della parola è il viaggio lungo in un mare infinito da scoprire dove molte delle parole dette, soprattutto quelle che hanno fatto male, rimangono nascoste, o per sopravvivere, sono state ricacciate negli abissi della memoria. Hanno bisogno di tempo per essere pronunciate e riaffiorano se cè qualcuno che le accoglie e le sa ascoltare. Solo allora diventano benefiche.
Anche nel quotidiano le parole possono fare del bene. Se prima di tutto le viviamo dentro, le conosciamo e le ascoltiamo (le nostre), ma anche se sappiamo ascoltare quelle degli altri. La parola che aiuta vive grazie al silenzio che le lasciamo attorno.
Il silenzio che è cosa viva secondo Chandra Livia Candiani. E le parole per essere ascoltate, hanno bisogno di una stanza che le faccia brillare e apra un varco nelloscurità. Non è facile in un tempo dominato dalla comune logorrea verbale e dalle innumerevoli emoticon che stanno sopprimendo le parole. Ma urge ridare loro la dignità perduta.
Giuseppe Maiolo
psicoanalista
Università di Trento