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27 Febbraio 2014, 09.32

Quaderni di Cinema

Molière in bicicletta: il teatro al cinema

di Nicola Cargnoni
Una deliziosa commedia francese che si risolve in un congegnato meccanismo ben riuscito

Gauthier è un attore affermato, famoso e protagonista di una fiction popolare francese, e si reca all’Île de Ré a trovare il vecchio amico e collega Serge (interpretato dal sempre brillante Fabrice Luchini).
Quest’ultimo ha da tempo abbandonato l’attività attoriale e si trova in ‘ritiro’ su una piccola isola affacciata sull’oceano Atlantico.

L’idea di Gauthier è quella di portare a teatro l’ «Alceste» (il Misantropo) di Molière e di convincere l’amico a prendere parte al progetto.
Serge ha bisogno di elaborare la decisione, quindi nel frattempo i due protagonisti trascorrono un’intera settimana provando i versi della commedia, alternandosi nei ruoli di Alceste e Filinto, mentre Serge continua a tergiversare sulla decisione di collaborare con l’amico.

Tra i due si insinua Francesca, un’italiana (interpretata da Maya Sansa) che vive sull’isola e sta passando un momento sentimentalmente difficile e confuso.

Il film è totalmente ambientato sull’Île de Ré, in un buon equilibrio tra ambienti esterni ed interni.
I due amici recitano Molière in maniera appassionata, accorata, dividendosi tra le polverose stanze della vecchia (e fatiscente) casa di Serge e lunghe gite in bicicletta sull’isola.

È una commedia divertente, brillante, delicata, che non dà troppo spazio a sentimentalismi e smancerie, ma che si sofferma sul bisogno di dare vita al teatro di Molière partendo da una delle sue opere più complicate.

La grande intuizione del regista De Guay è di intrecciare la commedia di Molière con la vita eremitica condotta da Serge.
In effetti l’attore in ritiro è nel contempo una persona ormai disillusa e disincantata, estremamente sincera, che ha da tempo preso le distanze dall’ipocrisia mondana e da qualsiasi situazione che possa dare una sferzata alla sua vita.
Lontano dagli amici, dall’amore, si è isolato in una grande casa, su un’isola poco abitata, rifiutando quei compromessi a cui invece Gauthier si è adattato bene.

È, a suo modo, un ‘perdente’, o forse è meglio definirlo un ‘non partecipante’, in pieno sentimento misantropico.
La cinepresa non lo coglie mai con più di una o due persone alla volta: l’unica scena in cui Serge appare con più persone, è vestito in maniera stravagante e arcaica, in piena sintonia con Alceste.

A fargli da contraltare c’è Gauthier, brillante, simpatico, affascinante e a suo modo vincente, ma che mancherà il momento decisivo (non preoccupatevi, nessuna anticipazione, occorre vedere il film per capire questo punto).

Rientra nel filone dei (purtroppo pochi) film sul teatro, non limitandosi a ‘mettere in scena’ la commedia, ma concentrandosi sulle prove dei due amici, sulla ripetitività, sul perfezionamento dell’impianto scenico, sul metodo di recitazione, sulla pronuncia dei versi alessandrini.
È il teatro, visto come inganno e ingannevole, come conflitto tra gli attori e le loro ipocrisie, le loro fragilità: è in questo senso che si inserisce l’ambiguità di Francesca.

Il consiglio è naturalmente di vederlo, possibilmente in lingua originale, perché le parti in cui Gauthier e Serge provano l’Alceste sono le più corpose e anche le più interessanti.

Valutazione ***½ .

 
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