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27 Gennaio 2015, 07.15

Quaderni di cinema

«Hungry hearts», film italiano nato negli Usa

di Nicola ‘nimi’ Cargnoni
Produzione e cast internazionali per l’ultimo lavoro del regista italiano Saverio Costanzo; un film sulla genitorialità, dove noir e tensione si mescolano sapientemente.
Figlio d’arte, nato dal rapporto tra Maurizio Costanzo e la sceneggiatrice Flaminia Morandi, il regista Saverio Costanzo nel 2004 aveva stupito tutti col suo talento, scrivendo e girando  «Private», un film sulle vicende di una famiglia palestinese costretta a convivere con i soldati israeliani che occupano la casa.
Nel 2010 aveva altresì stupito, ma in negativo, con il pessimo «La solitudine dei numeri primi», trasposizione filmica dell’omonimo romanzo di Paolo Giordano.
 
È con questi presupposti, dunque, che si attendeva l’uscita del nuovo lavoro di Costanzo, dal titolo che echeggia i versi springsteeniani e ci riporta a quell’America fatta (anche) di sobborghi proletari, di anime e cuori “affamati”; e la scelta di ambientare il film a New York City è, a detta del regista, un modo per dilatare e internazionalizzare la dimensione del libro «Il bambino indaco» (di Marco Franzoso), da cui è tratto il canovaccio narrativo che sta alla base della trama.
 
L’incipit del film è oggettivamente ostico: Adam Driver e Alba Rohrwacher (compagna di vita del regista, per altro) prestano i volti ai due protagonisti, Jude e Mina, che si conoscono in una situazione piuttosto comica e assurda.
Con uno stacco netto del montaggio, del tutto estraniante rispetto all’inizio, li ritroviamo nello stesso letto, innamorati e destinati a sposarsi a breve, mettendo in allerta lo spettatore fin da subito e facendo capire che nell’impianto filmico ci saranno altri sottintesi.
 
Come dicevo, la prima parte del film non è affatto facile da metabolizzare. I due protagonisti sono abbastanza brutti da risultare facilmente antipatici; alle “doti” (si fa per dire) estetiche dei due attori si aggiungono i tratti urticanti dei personaggi che interpretano: lei è anoressica, paranoica, vegana e dedita alla medicina alternativa; lui è chiuso nella sua rigidità mentale, con un carattere letteralmente azzerato dall’accondiscendenza che riserva nei confronti di Mina. 
 
La svolta avviene nel momento in cui Mina rimane incinta; lo sviluppo narrativo della pellicola farà sì che la protagonista si convinca di essere la madre di un bambino speciale, facendole assumere un atteggiamento “mariano” da Madonna la cui missione è partorire un Messia e tenerlo al riparo dalle brutture del mondo, compreso il semplice contatto umano del padre, della nonna e degli amici della coppia.
 
Per amore di Mina, Jude la asseconda in tutto e per tutto, fino a quando non si renderà conto che il bambino, nutrito soltanto di oli vegetali e sempre chiuso in casa, non cresce, è sottopeso, ammalato e rischia di perdere la vita. È su questa tensione psicologica che si gioca la “partita” della seconda parte del film, dove la narrazione subisce un’impennata notevole. 
 
Gli argomenti toccati sono tanti; la bravura di Costanzo sta nel non giudicare mai le scelte di Mina, ma di lasciare che sia lo spettatore a essere coinvolto emotivamente sul prosieguo e sugli sviluppi della vicenda. Jude sembra vivere in un romanzo di formazione, al contrario della moglie che invece si annichilisce sempre di più, vittima del suo stesso mondo fittizio fatto di precetti e scelte che possono apparire ridicoli e assurdi.
 
Ma a dispetto della gran quantità di argomenti affrontati, Costanzo ci racconta invece una storia semplice, improntata sul rapporto genitoriale  che lega la madre e il padre, rispettivamente, al figlio e a loro stessi, in un contesto di sfrenato consumismo che riguarda anche il bisogno di emozioni e sentimenti dei protagonisti. Il background cinematografico di Costanzo emerge nel richiamo ad altro cinema di spessore: c’è qualcosa di Cassavetes nell’istintività che sembra guidare la narrazione e c’è un ben più evidente Polanski nella figura della madre, vera e propria Rosmary in chiave vegana. 
 
La regia è quasi priva di difetti e occorre segnalare alcune scelte stilistiche degne di nota, come le inquadrature dall’alto (in stile-citofono), all’interno dell’appartamento di Jude e Mina, che accentuano la dimensione angusta e “stretta” in cui si vengono a trovare i protagonisti, a loro volta schiacciati e deformati proprio da queste riprese che contribuiscono al senso di ansia dello spettatore.
 
Ottime le interpretazioni che hanno fatto guadagnare a Driver e alla Rohrwacher le Coppe Volpi per le migliori interpretazioni del festival di Venezia; non è una novità che la Rohrwacher espleti bene il suo mestiere e in questo film è aiutata anche dalle musiche di Nicola Piovani, che contribuiscono a rendere ancora più sinistra la cupa metamorfosi che Mina subisce durante l’evoluzione della trama. Non è nemmeno vero, come ho letto o sentito, che la Rohrwacher si stia appiattendo nell’interpretazione degli stessi personaggi, stereotipandosi in qualche modo; chi dice ciò, evidentemente, non conosce il lavoro dell’attrice e le sue interpretazioni che spaziano a tutto campo e sono eterogenee e poliedriche.
 
È un film che parte come un diesel, ma una volta ingranata la marcia fa calare lo spettatore in un’atmosfera noir e tesa, con forti richiami alla Hitchcock; non c’è la pretesa del giallo e nemmeno dell’esegesi filosofica degli argomenti colpiti, considerando anche la semplicità con cui si dipana la vicenda; piuttosto c’è la delicata narrazione della difficoltà di essere genitori, e di riuscire a esserlo pensando al proprio figlio come al destinatario delle nostre attenzioni e non come strumento per soddisfare i nostri bisogni.
 
Valutazione: ***
 
Nelle sale per la Giornata della memoria: L’uomo per bene (il 27 e 28). Corri ragazzo corri (dal 26 in poi).
In uscita questa settimana (da segnalare): Gemma Bovery, Turner, Fury, Unbroken.
Già nelle sale (da segnalare): American sniper, The imitation game, Hungry hearts, La teoria del tutto, Difret, Piccoli così, Still Alice.
 
Per conoscere la programmazione della provincia:
1. Andare su http://www.mymovies.it/cinema/brescia/
2. Appare la lista dei film presenti in città e provincia
3. Per ogni film è segnalato il paese o il cinema in cui lo si può trovare
 
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