L'amo nella roccia
di Elio Vinati

Magari bastasse pronunciare una parola magica (Excalibur!) per disincagliare l'artificiale dalla roccia sul fondale di un torrente, fiume o lago


Perdere l'artificiale fa parte della nostra attività alieutica anche se non è gradevole, soprattutto se lo spot in fronte a noi è promettente. Infatti può accadere che nel tentativo (a volte vano) di disincagliare l'esca ci si esponga troppo (rendendosi quindi visibili ai salmonidi) o si faccia troppo rumore compromettendo così una potenziale cattura.

In questi casi pertanto è meglio lasciare nostro malgrado l'artificiale sul fondo strappando delicatamente il finale e avere la pazienza di rimontarne un'altro (senza però ripetere il medesimo lancio che ha portato l'incaglio). La cattura di una meravigliosa fario cancellerà sicuramente la delusione per la perdita dell'esca.

Esattamente come mi è capitato
in diverse uscite di pesca a spinning durante l'estate appena trascorsa. Anche pescando a mosca secca vale lo stesso concetto: se la nostra imitazione è rimasta ancorata proprio su quel rametto che sporge sull'acqua al di sotto del quale la regina sta tranquillamente 'bollando', dobbiamo rompere il finale per poter avere una seconda possibilità.

Come mi è accaduto durante una bella uscita sul fiume Sarca in primavera o in qualche torrente di montagna molto infrascato. Per quanto conosciamo bene un corso d'acqua, ogni masso, ogni rigiro d'acqua, l'incaglio è sempre dietro l'angolo. Bisogna solo affrontarlo nel modo corretto e godersi l'uscita di pesca. Al prossimo incastro...
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