Fantasia o immaginazione? Servono entrambe
di Giuseppe Maiolo

C'è la tendenza a pensare che fantasia e immaginazione siano sinonimi. In realtà non lo sono affatto, caso mai sono parole complementari.


Ma ci servono entrambe
in particolare adesso, nel tempo dominato dell’insicurezza collettiva e dalla paura per il futuro.

La fantasia è una dotazione preziosa da tenere attiva che, in parte, assomiglia ai sogni in quanto contiene desideri e bisogni ed è espressione delle nostre insoddisfazioni.  Lo diceva Freud, poco più di cento anni fa, quando scriveva che “L’uomo felice non fantastica mai, solo l’insoddisfatto lo fa” (Il poeta e la fantasia 1907). Un’affermazione originale che ci fa pensare a come la fantasia sia una sorta di compensazione e abbia una funzione riparativa: ciò che non abbiamo lo sogniamo.

E serve perché ci aiuta a costruire il desiderio e a vedere quello che non si vede a “occhio nudo”. Così fantasie e sogni (quelli notturni) possono coincidere in quanto ci mostrano la realtà con il “terzo occhio” o, come diceva Jung, ce la fanno pensare come immagine.
Ci sono utili per esplorare il mondo che ci sta attorno e per vedere quello che abbiamo dentro in una sorta di viaggio sul “tappeto volante” alla ricerca del significato dei nostri desideri.

Il problema piuttosto può essere la quantità di fantasie che ci facciamo. Quando sono in eccesso sembrano compensazioni di vuoti interiori e di mancanze che sentiamo dentro, di solito affettive. In quel caso le fantasie copiose possono servire non solo come divertimento, ma rischiano di farci costruire un mondo illusorio e alterato. Fuori dal controllo, quel fantasticare insistente diventa pericoloso, ed è espressione di un senso di realtà mancante o dell’incapacità nel distinguere ciò che è reale da quello che non lo è. Volare alto ha senso, solo se conosciamo dove sta la terra. Altrimenti è disturbo mentale.

Non a caso, una grande studiosa come Maria Montessori diceva che i bambini piccoli vanno protetti da un eccesso di fantasie in quanto da piccoli devono apprendere dal mondo della realtà, piuttosto che dalle costruzioni fantastiche degli adulti. Solo dopo i 5 anni, sosteneva, il bambino può godere appieno di una storia fantastica sapendo che è finzione, come fanno i grandi.

L’immaginazione invece è un processo creativo, che precede la fantasia oppure la alimenta e serve per poter passare dal sogno alla realtà e dare concretezza al desiderio. È un atto, quello dell’immaginare, che sorge dentro come pensiero interiore, preverbale e non è vincolato ai bisogni insoddisfatti e all’infelicità. È invece azione di adattamento, senza la quale non è possibile concepire alternative al presente e costruire scenari futuri. Perché prima di realizzarli li immaginiamo.

L’immaginare è dunque visualizzazione libera del “pensiero” quello non regolato dalla logica, precede il progetto e caso mai si sviluppa come processo associativo simile al “brain storming” che è metodica creativa e generativa di idee e soluzioni.

L’immaginazione serve come azione capace di sviluppare un dialogo interiore con le nostre parti inconsce ed è narrazione personale della relazione che abbiamo con noi stessi e con il mondo.


Giuseppe Maiolo
psicoanalista
Università di Trento
ZGenitori&FigliPino.jpg