La stanchezza emotiva e il disagio psicologico degli adulti
di Giuseppe Maiolo

Ci sono una quantità di studi che dimostrano le conseguenze sulla salute mentale delle persone esposte per lunghi periodi direttamente alla violenza della guerra.


Nel 2017 l’OMS aveva pubblicato un documento nel quale affermava che l’Ucraina dopo l’inizio della guerra in Crimea nel 2014 era il paese europeo con il più alto tasso di disturbi depressivi connessi allo stress post-traumatico.

Sono invece molto meno gli studi sulle popolazioni che “osservano” a distanza la guerra e le sue devastazioni, ma sappiamo che anche l’esposizione mediatica a un flusso continuo di notizie e immagini angoscianti può generare ansia acuta e panico.
Se poi tutto questo si associa all’idea, per nulla fantastica, di un possibile sviluppo del conflitto su scala mondiale e del rischio di armi atomiche, possono scatenarsi stati profondi di angoscia e depressione.

Lo smarrimento per la perdita di prospettiva e l’orrore per ciò che vediamo compiere, ci assalgono perché eventi così incomprensibili e insostenibili per la nostra mente, ci fanno provare la sensazione di non poter esercitare alcun controllo su di essi.
Dallo sconforto alla perdita di speranza, senza strumenti per la fuga e la salvezza, è come se l’individuo andasse in tilt, perché il cervello, per difendersi, si pone in uno stato di inattività percettiva, motoria ed emotiva.

La risposta, maladattiva e non funzionale, viene chiamata “stanchezza emotiva”
, e deriva dallo stress e dall’esaurimento delle energie, molto simile alla sindrome da Burnout che è logorio psico-fisico ed emotivo.
Si manifesta con quel persistente stato di allarme con il quale siamo transitati dai mortiferi scenari della pandemia ai non meno pesanti giorni della guerra.
Svuotati di prospettive e senza forze, incapaci di reagire alle situazioni, proviamo un acuto malessere, un misto di rabbia e disperazione, di disgusto indefinibile che appesantisce e fa sentire stanchi, ma di una stanchezza che non si risolve con una “buona dormita”, come si vorrebbe..

Si tratta invece di uno stato di disagio che oltre alle tipiche manifestazioni psicosomatiche aggiunge una consistente alterazione dell’umore e un profondo sentimento di solitudine che aggrava la situazione.
Nel tentativo di poter uscire da tale condizione psicologica, molti cercano la soluzione nel consumo di quantità eccessive di notizie, allo scopo di placare l’angoscia del futuro.

L’infodemia già di per sé fenomeno preoccupante, oggi è incrementato dall’uso continuo dei dispositivi digitali e ora dal pericoloso “Doomscrolling” che è neologismo inglese, coniato di recente e indica una tendenza diffusa e compulsiva a consumare o “scrollare” sul proprio device notizie drammatiche e immagini di sventure fin dal primo risveglio.

Per far fronte alla stanchezza emotiva si tratta invece di mettere un freno a tale abitudine.
Non solo ai bambini e agli adolescenti, ma anche agli adulti serve contenere l’esposizione a notizie terrificanti e per tutti è utile ridurre in questo periodo il tempo di connessione a Internet.

Ma soprattutto è necessario evitare la pericolosa dissociazione sociale e l’isolamento.
È fondamentale mantenere integri e vivi i propri rapporti di amicizia e di scambio che sostengono e favoriscono la resilienza.


Giuseppe Maiolo
psicoanalista
Università di Trento
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