La trasparenza delle parole
di Pseudosofos

Cosa potrebbe accadere durante una lezione di religione del 2121 in una classe di scuola primaria? Ecco quello che potrebbe realisticamente succedere qualora alcune attuali idee trovassero piena realizzazione



Classe (C): Buongiorno insegnante!
Insegnante (I): Buongiorno a voi che apprendete.
C: Di che cosa ci parlerete oggi, gentile insegnante?
I: Oggi vorremmo parlarvi di come alcuni dei nostri avi festeggiavano la festività tipica del 25 dicembre.
C: Che bello! E come la festeggiavano?

I: Anzitutto, bisogna ricordare che alcuni di questi nostri avi dicevano di credere in una persona che per loro era molto speciale.
Discente (D): Come si chiamava questa persona?
I: Mi dispiace, non posso pronunciare il suo nome perché fa parte dei nomi brutti e cattivi che generano odio e discordia fra le persone. Facciamo così: chiamiamolo Innominabile, per comodità.
D: Quindi, insegnante, il 25 dicembre i nostri antenati festeggiavano l’Innominabile?
I: Esattamente. Ottima conclusione!

D: E chi erano i suoi genitori?
I: Beh, il suo primo genitore faceva il fabbro o il falegname. Da quanto sappiamo, si sentiva presumibilmente un uomo maschio, visto che dovette curare la sua mascolinità aggressiva. Pensate discenti: aveva immaginato di lapidare il suo congiunto e solo un sogno lo ha fermato.

D: E l’altro genitore chi era?
I: L’altro genitore fu un caso strano della storia umana. Gli antichi hanno raccontato delle vere assurdità a suo riguardo. Essi credevano che l’Innominabile fosse stato generato nel suo grembo in modo strano.
D: In che modo Insegnante?

I: Credevano che fosse stato artificialmente inseminato nel suo utero da un essere non umano che i nostri avi chiamavano con una parola che, fortunatamente, oggi non pronunciamo più.
D: E’ una parola anch’essa brutta e cattiva?
I: Certamente: era così odiosa che tutti quanti ci siamo convinti quasi spontaneamente di non farne più uso. Tutti, infatti, abbiamo imparato da tempo la proprietà distributiva delle parole scorrette: tutto ciò che è collegato alle parole indicibili risulta a sua volta indicibile.

D: lo so qual è quella parola lì insegnante: Dio!
I: No, discente! Che cosa hai osato dire? Meriti immediatamente una nota sul registro. Scusatemi discenti ma dobbiamo immediatamente scrivere la nota.
D: Insegnante, potete per favore leggermi che cosa state scrivendo sulla nota? I miei genitori, come sa, ci tengono molto al fatto che io e loro siamo sempre ben al corrente di ciò che riguarda la mia vita scolastica. Si tratta di trasparenza.
I: Certamente. Ecco cosa ho scritto: “Il discente Falkerin ha pronunciato in aula la più arcaica e violenta parola coniata dall’umanità, generando un clima di sospetto, di ansia e di terrore in tutti i suoi compagni”. Può andare bene Falkerin?
D: Se lo dite voi, gentile insegnante, perché no?

I: Ora torniamo alla nostra lezione. L’Innominabile nacque in una grotta, dove c’erano anche due animali: un bovino e un ciuchino. Fu poi deposto in una mangiatoia e molte persone lo andarono a trovare. Che squallore!
D: Insegnante, mi domandavo questa cosa: che cos’ha di così odioso, brutto e squallido questo infante di cui sta parlando e a cui era dedicata la festa del 25 dicembre? In fondo, si tratta solo di un cucciolo di essere umano. Inoltre, doveva essere considerato importante dagli antenati se pensarono addirittura di dedicargli in passato la “Festa delle feste”.

I: Di per sé non sapremmo dirlo con esattezza. Ciò di cui siamo sicuri è che in suo nome sono state schiavizzate, violentate ed ammazzate molte persone del passato. Da quando, al contrario, abbiamo cominciato a non usare più il suo vero nome, siamo diventati tutti più tolleranti, solidali e fraterni. In realtà ci sono ancora alcuni concittadini europei che osano pronunciare il suo nome. Ma sono dei fuorilegge rozzi e poco rispettabili da cui stare ben alla larga.

D: Certo che questi nostri avi erano proprio arretrati rispetto a noi, non credete insegnante? Si può dedicare la “Festa delle feste” a un bambino così sospetto?
I: Penso tu abbia ragione. In effetti, noi oggi siamo nel 2121 e siamo tutti uguali. Non usiamo più le parole che creavano fra noi discordia e divisione, rendendoci gli uni differenti dagli altri.

D: Insegnante, posso raccontarvi una cosa?
I: Ma certo, sentiamo.
D: I miei genitori, ieri sera, prima di addormentarmi, mi hanno raccontato questa favola. Era stata scritta da un nostro antenato. Si chiamava Isaac Asimov. In quella favola egli parlava di una scuola in cui c’erano dei robot che rispondevano a tutte le curiosità degli studenti. Questi robot erano eccellenti nel rispondere: davano le informazioni esatte, dicendo la verità. Le fake news erano sparite e tutto era trasparente. Il problema, però, è che questo nostro avo scrittore aveva usato parole che oggi noi non possiamo più adoperare. Perciò, mentre ascoltavo quel racconto mi è venuta un po’ di ansia addosso.

I: Non preoccuparti. Continua pure.
D: Niente, solo che tra me e me ho pensato: come facciamo a raccontare la verità di un fatto se non possiamo usare tutte le parole disponibili a nostra disposizione? Perché vede, insegnante, io preferirei avere di fronte uno dei robot di cui parlava Asimov, che mi dicesse il vero nome dell’Innominabile, piuttosto che tornare oggi a casa frustrata dal non poterlo sapere.

I: Capisco, discente. In base all’ansia e alla frustrazione di cui mi hai gentilmente parlato, ritengo che la cosa più opportuna sia portarti da un neuropsichiatra infantile per fare un accertamento sul funzionamento dei tuoi processi cognitivo-comportamentali.

D: Capisco! Informerà lei i miei genitori?
I: Ovviamente. La trasparenza delle parole è tutto!
 

230519Filosoficheria.jpg 230519Filosoficheria.jpg