Dal DDL Zan all'educazione e alla prevenzione dell'omofobia
di Giuseppe Maiolo

Il grande dibattito attorno al DDL Zan evidenzia lo scontro politico in atto ma anche quanto ci sia ancora da fare per contrastare la violenza nei confronti delle diversità e in particolare quelle riguardanti la sessualità


Omofobia, lesbofobia, bifobia e transfobia, sono termini dove il suffisso “fobia” indica una paura irrazionale che spesso genera risposte di intolleranza e avversione, odio e violenza.
Perché l’omofobia, parola coniata dallo psicologo George Weinberg, è paura intensa dell’omosessualità e al contempo segnale che indica l’incapacità personale a gestire le emozioni ad essa collegate.

Allora l’omofobia può essere una difesa nei confronti delle pulsioni omosessuali e al contempo una risposta comportamentale alla paura di interazione con persone di orientamento non eterosessuale.
Reazioni che si basano su idee e convinzioni molto simili al pregiudizio, da cui si scatena rabbia e ostilità, odio e violenza.

Per quanto si viva in un tempo di apparente apertura sessuale, il generale contesto culturale è ancora quello di dare per scontato che le persone siano naturalmente eterosessuali.
Da qui il giudizio sulla moralità dell’omosessualità e il costrutto comune che si tratti di una scelta, ma anche le azioni offensive e di discriminazione che, secondo molte fonti, sono in aumento.  

L’Agenzia Ue dei Diritti Fondamentali, segnala da tempo la gravità della situazione.
Benché i dati reali del fenomeno, come per tutte le forme di violenza, siano parziali, un report del 2019 su un campione di 140mila persone, ha rilevato che 2 su 5 persone LGBTI dichiarano di aver subito violenze verbali e fisiche a causa della propria identità di genere e una su 5 è stata discriminata al lavoro.

Oggi baby gang spietate e in rete singoli e pericolosi molestatori omofobi, si “divertono” a deridere, offendere e ferire mortalmente vittime designate e indifese, che spesso per disperazione mettono in atto pensieri e azioni suicidarie.

Ma omofobi non si nasce. Lo si diventa grazie a un’educazione sessista e a tutti quei messaggi diretti o indiretti di svalutazione e esclusione, offensivi e discriminatori che società, media, famiglia e scuola trasmettono ai minori.
Si sviluppano intolleranze e pregiudizi perché ancora oggi famiglia e scuola non sanno affrontare il tema del sesso e non hanno progett di educazione alla sessualità.

Il devastante e mortifero cyberbullismo
secondo l’Osservatorio (In)difesa di Terre des hommes che ha interrogato un campione di 6 mila adolescenti, rileva che ne sono vittime il 61% dei ragazzi e più del 40% delle offese riguardano la sessualità.

È innegabile l’importanza di leggi capaci di proteggere i soggetti più vulnerabili, ma è altrettanto necessario e urgente un rinnovato progetto educativo per minori e adulti. Nel libro “Bullismo omofobico” uscito qualche anno fa e curato in Italia da Vittorio Lingiardi, psicoanalista psichiatra, si mostra con dati alla mano, quanto l’omofobia sia legata a una carente azione educativa degli adulti di riferimento.

È inquietante leggere tra le situazioni narrate, che ancora oggi a scuola sono pochi gli adulti che intervengono con celerità per arrestare le offese del bullo e soprattutto che, in più casi, i maschi vittime di azioni omofobe vengono sollecitati a difendersi (!) comportandosi da “maschio” oppure incoraggiati a fare loro stessi i bulli.

Giuseppe Maiolo
Psicoanalista
Università di Trento