Una rilettura sapienziale dell'esperienza vissuta
di c.f.

È quanto chiede il Vescovo di Brescia, mons. Tremolada alle comunità della diocesi nel camino di ritorno alla normalità della vita delle parrocchie dopo la dura esperienza della pandemia


È una richiesta di “discernimento”, come si usa dire nel linguaggio ecclesiastico, quella che il vescovo di Brescia, mons. Pierantonio Tremolada, chiede alle comunità parrocchiali della diocesi.

In uno degli ultimi editoriali pubblicati sul giornale diocesano “La Voce del Popolo”, intitolato “Cosa dice lo Spirito alla Chiesa bresciana”, il vescovo scrive: «Prima di rispondere alla domanda: “Come riprendiamo le nostre normali attività?” occorre rispondere a qualche altra domanda molto più importante. Penso sia necessario compiere quella che chiamerei una rilettura spirituale dell’esperienza attraverso una narrazione sapienziale».

E suggerisce una serie di domande per stimolare la riflessione.

«Un’esigenza anzitutto si impone: raccontarci che cosa abbiamo vissuto e chiederci che cosa il Signore ci ha fatto capire. Queste sono le domande che ci potrebbero aiutare: “Che cosa ci è successo? Che cosa abbiamo visto? Che cosa abbiamo provato? Che cosa ci ha addolorato? Che cosa ci ha consolato? Che cosa abbiamo meglio capito? In una parola, che cosa non potremo e non dovremo dimenticare? Penso in particolare ai sacerdoti, che ringrazio di cuore per quanto stanno facendo, e immagino la risonanza che queste domande hanno su di loro. Sarà importante farla emergere e condividerla. Da questa memoria deriverà un discernimento pastorale, che orienterà il nostro cammino futuro».

Mons. Tremolada invita anche a pensare al futuro alla luce dell’esperienza vissuta.

«La domanda guida sarà: “Che cosa si attende il Signore da noi, alla luce di quanto abbiamo vissuto?”. La nostra preoccupazione non potrà essere semplicemente quella di riprendere al più presto tutto quello che facevamo, ritornando alla cosiddetta normalità.
Da più parti si sente dire: “Niente sarà più come prima!”. Per noi questo significa che l’esperienza vissuta in queste settimane ci ha consegnato una lezione di vita, ci ha scosso e ci ha fatto maturare.
Dove e come dovrà dunque cambiare il nostro modo di essere Chiesa, di essere presbiterio, e anche il nostro modo di pensare la società? Su cosa dovremo puntare? Che cosa dovremo correggere o comunque ripensare, per corrispondere alla rivelazione di cui lo Spirito ci ha fatto dono attraverso un’esperienza dolorosa ma non assurda e disperata?».

E traccia, infine, una modalità operativa.

«Quest’opera di narrazione sapienziale e di discernimento pastorale è quanto io mi sento di chiedere prima di tutto alla nostra Chiesa diocesana. Vorrei che questo avvenisse durante il tempo pasquale, fino alla grande festa di Pentecoste. Invito perciò tutti i parroci a convocare a questo scopo, nei modi consentiti, i Consigli pastorali parrocchiali o delle unità pastorali.
Chiederei che a tale scopo venissero anche convocati prima di Pentecoste in una seduta straordinaria opportunamente pensata le Congreghe zonali, il Consiglio presbiterale e il Consiglio pastorale diocesano.
Questo confronto sinodale sull’esperienza vissuta in queste drammatiche settimane sarà prezioso anche in vista della definizione delle linee di azione per il prossimo anno pastorale e per me sarà molto utile in ordine alla stesura della lettera pastorale che lo dovrebbe ispirare».