La testa che conta
di Leretico

In questi giorni è comparsa una notizia molto particolare: un ragazzo russo di 30 anni molto malato ha contattato il dottor Canavero, torinese un po’ controverso, dichiarandosi disponibile per un eventuale trapianto di testa...


... o meglio di corpo, che il dottore ha dichiarato possibile entro il 2017 e messo per iscritto sul Summary Neurology International.

Siamo stati abituati all’idea del trapianto quasi di ogni organo
: cuore, fegato, midollo spinale e via discorrendo.
È la prima volta che sentiamo della possibilità di trapiantare la testa.
La questione è delicata, perché insieme alla testa è compreso il cervello, la coscienza, i ricordi, il senso etico di una persona.

Posto in questo modo il trapianto di testa implica la possibilità di separare i destini di una coscienza da quelli del corpo in cui è sempre stata abituata a vivere, per spostarla nel corpo (senza testa evidentemente) di un'altra persona.
E così la domanda serissima che ci viene posta da questa avventura scientifica è se sia corretto, appunto, pensare una testa separata dal corpo, ossia pensare che sia possibile, e quindi logico, che possano esistere, vivere separatamente.

D’altro canto esistono molte persone che per destino e sfortuna,
si ritrovano paraplegiche o malate di distrofia e avrebbero per questo bisogno di un corpo nuovo.
È evidente in questo caso la presenza non solo della speranza, fin qui delusa, che la ricerca scientifica possa trovare una soluzione ma anche il diritto al ricorso alle tecniche più avanzate offerte dalla scienza per potersi garantire una vita migliore se non addirittura la sopravvivenza. Insomma, di fronte alla salvezza di una vita quale limite non deve e non può essere superato?

Il dilemma è molto dibattuto, anche se in forme diverse.
Consideriamo per esempio il senso con cui si legge l’articolo 2 della nostra Costituzione che così recita: “La Repubblica riconosce e garantisce i diritti inviolabili dell’uomo…”.

Secondo le interpretazioni più eminenti che fanno riferimento a quest’articolo, la scienza non dovrebbe oltrepassare i limiti dei diritti inviolabili dell’uomo, riconosciuti come pre-ordinati e superiori, perciò garantiti dallo Stato.
Tale principio è sancito anche nella “Carta di Nizza” che all’articolo 1 recita: “La dignità umana è inviolabile. Essa deve essere rispettata e tutelata”.

Nella stessa carta all’articolo 3 comma 2 si specifica ulteriormente che “Nell'ambito della medicina e della biologia devono essere in particolare rispettati: il consenso libero e informato della persona interessata, secondo le modalità definite dalla legge; il divieto delle pratiche eugenetiche, in particolare di quelle aventi come scopo la selezione delle persone; il divieto di fare del corpo umano e delle sue parti in quanto tali una fonte di lucro; il divieto della clonazione riproduttiva degli esseri umani”. La “Carta di Nizza” è considerata la carta europea dei diritti fondamentali dell’uomo.

Ora, la questione è rilevante perché la scienza medica dei trapianti, unita alla mappatura del genoma umano, fa immaginare un futuro in cui non ci sarà più bisogno di espiantare organi da soggetti appena deceduti né tantomeno da soggetti più o meno consenzienti.

Se partendo dal proprio DNA si potessero produrre le repliche dei propri organi o addirittura dell’intero proprio corpo, non ci sarebbero più quei problemi di rigetto così determinanti nella riuscita di un trapianto.
Ma questi proponimenti, benché orientati alla salvezza della vita, contrastano con i valori di inviolabilità della dignità umana di cui si parlava nella “Carta di Nizza”, perché prevedono la manipolazione e la clonazione della persona che in quella carta, come nella nostra Costituzione, sono censurate e censurabili.

La tecnica ha raggiunto da tempo orizzonti inimmaginabili e presto, in nome del paradiso in terra ci potrebbe proporre l’immortalità come obiettivo concreto e realizzabile.
Trapiantare una testa sarebbe solo il primo passo, a cui un giorno potrebbe seguire il trapianto del cervello e alla fine, perché no, il trapianto o il trasferimento dell’intera coscienza.

Nella storia abbiamo assistito molte volte allo spostamento del limite etico sempre più in là, verso l’utilizzo di tecniche via via più moderne per risolvere problemi come la procreazione assistita o l’interruzione di gravidanza, due facce della stessa medaglia.
Ci si chiede perché allora, di fronte a malattie terribili, irrecuperabili altrimenti, non si possa pensare a trapianti che risolvano radicalmente il problema.
La domanda è legittima ma la risposta è veramente difficile.

Al di là della risposta, che lascio comunque alla meditazione del lettore,
la cosa su cui vorrei si riflettesse è la mobilità dei limiti imposti nel tempo alla scienza.
È come se la lotta tra due valori egualmente apprezzabili e degni di tutela, quali la difesa della dignità della persona e la difesa della vita umana di cui qui si dibatte, producesse come risultato la messa in discussione di quell’Immutabile da cui traggono fondamento morale ciascuna delle due posizioni in gioco. Insomma l’Immutabile non sarebbe quello che riteniamo sia perché esso, nel suo modo di ispirare il senso mutevole del limite alla scienza, non è immobile, ma mutabile e dunque contraddittorio.

Qui sta il dramma del nostro tempo: la scoperta che nella difesa dei valori a cui più teniamo produciamo un meccanismo che li porta alla distruzione. È un destino a cui non vorrei fare mai l’abitudine.

Leretico