La botta
di Ezio Gamberini

Alle sette e mezza mattutine, in una gradevole giornata di primavera ormai inoltrata, giacca e camicia per intenderci, basta maglioni, cappotti e giacconi, dopo aver estratto l’autovettura dal garage, attendo Grazia davanti alla cancellata...


... Mi allaccio la cintura di sicurezza e aspetto.
Eccola: chiude la porta di casa, percorre il vialetto, apre la portiera e si accinge a salire, quando improvvisamente sento un colpo secco:
Ahi, ahi – strilla Grazia sedendosi al mio fianco – che botta, che botta, ho picchiato il ginocchio contro la portiera… Ahia che botta… Ma sono proprio scema stamattina!”.

Sono ormai legato alla cintura e non ho scampo, senza alcuna possibilità di divincolarmi in caso di pericolo, ma non riesco a trattenermi: “Perché mettere limiti temporali?” e ingrano la prima sgommando. Si massaggia il ginocchio, continuando a lamentarsi, mentre il “beep-beep-beep” che segnala il mancato aggancio della sua cintura di sicurezza persiste nel fastidiosissimo sibilo assordante e dopo qualche istante, aumenta anche d’intensità.

Allora Grazia sbraita adirata: “E tu cosa continui a fare beep beep, con la botta che ho preso!”.
Mi viene in mente il figliolo di cari amici, quando aveva tre o quattro anni, in occasione di una passeggiata che avevamo fissato per il pomeriggio.
Grazia ed io li aspettavamo davanti all’ingresso della loro abitazione: scesero le scale, e il bimbo, come ci fu poi rivelato, era di umore nero e aveva un diavolo per capello; quando giunse davanti al cagnolino del vicino, gli passò accanto e gli disse a muso duro: “E tu non ridere cane!”. Ci spanciammo dalle risate per mezz’ora a fila!

“Ma non si possono eliminare questi allarmi insopportabili?”, mi chiede la sginocchiata.
Si possono eliminare le mogli?”, le controbatto con infinita dolcezza.
Si che si può”, mi risponde infuriata.

“Certo che si può, ma non si fa, proprio come con gli allarmi…” concludo accomodante, senza alcuna intenzione di suggerire comparazioni tra mogli e segnali di pericolo …
Non sembra molto convinta, ma dopo l’ultimo massaggio sulla parte lesa, il viaggio prosegue senza intoppi, fino alla meta.

Per fortuna i due-tre lettori di questa rubrica sapranno mantenere il segreto, perché se i nostri amici sapessero dell’ennesima ferloccata, ci prenderebbero in giro per settimane intere.
Non so come, ma purtroppo è avvenuto anche dopo la pubblicazione di “Mai più il pennello”, in cui narravo il mio tuffo nella vasca mentre dipingevo il soffitto del bagno.

Cani!

E se non bastasse la beffa, pure il danno: il gomito mi fa ancora male…