Bif&st, avanti tutta
di Nicola 'nimi' Cargnoni

La giornata si apre con la proiezione di «Sette anni in Tibet» seguita dalla “lezione di cinema” del regista Jean-Jacques Annaud, che può vantarsi di avere tra il pubblico personaggi del calibro di Alan Parker, Costa-Gavras ed Ettore Scola


DOMENICA 22 MARZO

In «Sette anni in Tibet», tra i vari argomenti toccati il regista ha parlato del largo uso che fa degli animali nei suoi film e del rapporto tra i suoi lavori e la natura, in una convinta logica di determinismo ambientale, ovvero che la natura è in grado di cambiare l’uomo e costringerlo/spingerlo ad adattarsi.

Anche il regista francese, come Parker il giorno precedente, si è lamentato della difficoltà di realizzare film prodotti in Francia, da qui la necessità di trasferirsi a Hollywood nonostante il fortissimo background europeo (ammette la sua preferenza per il cinema polacco e ceco in particolare).
Regista dedito alla sperimentazione tecnica, ha iniziato la sua carriera dirigendo spot pubblicitari; nella sua lezione ha parlato anche dell’esperienza di insegnamento del cinema in Cameroon, sottolineando la difficoltà di spiegare “come fare cinema” a persone che non avevano mai visto un film in vita loro.

A parte un film di Fritz Lang visto in mattinata, la giornata di domenica è proseguita con quattro film in concorso, tutti per la categoria “opere prime italiane”. Nessuno dei quali, tra l’altro, è stato deludente. Il nostro cinema è ancora vivo e ha molto fiato in gola per urlare ciò che vuole dire.

Per cui entriamo nel vivo del festival. Ecco i film visti domenica.

Harakiri. La storia di una giovane giapponese (preceduto da intervista a Fritz Lang)
di Fritz Lang con Paul Biensfeldt (il Daimyo Tokuyawa), Lil Dagover (O-Take-San, sua figlia), Georg John (monaco buddista). Germania 1919, 85’
Genere: drammatico
Categoria di concorso: fuori concorso – festival Fritz Lang
Valutazione: ***½

Film muto del 1919, in cui Lang sfrutta il plot di Madama Butterfly e dove emergono alcuni dei temi cari al regista austriaco.

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Last summer
di Leonardo Guerra Seràgnoli con Rinko Kikuchi, Yorick van Wageningen, Lucy Griffiths. Italia 2014, 94’
Genere: drammatico
Categoria di concorso: opere prime e seconde di registi italiani
Nelle sale: già passato (ottobre 2014)
Valutazione: ***½

Una giovane giapponese giunge su un lussuosissimo yacht per trascorrere quattro giorni con il figlioletto che non vede da alcuni anni, e che ora è affidato alla famiglia del padre.
Non sappiamo e non sapremo nulla di ciò che ha portato la madre a essere allontanata, ma in compenso assistiamo a un romanzo di formazione; le imposizioni alla madre e le regole, infatti, lentamente si sgretolando, alla riscoperta della forza e della vitalità che solo il legame madre-figlio può avere come propulsori.

Film intenso, poco verboso, dove lo spazio immenso del mare si alterna alla “gabbia” dentro cui è rinchiuso il figlio; e infatti per questo verso si può parlare di un film “odioso”, perché assistiamo a un contesto urticante e fastidioso. Una vita opulenta, un ragazzino che si comporta (e viene trattato) da “piccolo lord”, un personale di quattro persone dedite al controllo e al servizio di questo ragazzino.

Tutto questo è messo a confronto con la lenta ricostruzione del rapporto tra il figlio e la madre, la quale a un certo punto sceglie di rivolgersi in giapponese al ragazzino.
Questo provocherà il crollo di tutte le barriere tra i due, in una sorta di richiamo ancestrale alla cultura che li unisce, lasciando lo spettatore affascinato e rapito, ancora una volta, da ciò che quella lontana e antichissima cultura sa risvegliare in lui. Poco rumoroso, nessuna colonna sonora e costumi della tre volte oscar Milena Canonero, che è anche produttrice.
Film da rivedere e da approfondire con una recensione più ampia.

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Index zero
di Lorenzo Sportiello con Ana Ularu, Simon Merrells, Antonia Liskova. Italia 2014, 84’
Genere: fantascienza, drammatico
Categoria di concorso: opere prime e seconde di registi italiani
Nelle sale: prossimamente
Valutazione: ***½

Film sorprendente che inizia come «The road» (Hillcoat, 2009): in un futuro distopico, forse nemmeno troppo lontano, una giovane coppia vaga in un deserto fatto di macerie, edifici abbandonati e totale aridità. Un acquazzone salvifico ci mette subito di fronte al valore che l’acqua assume per i due vagabondi. Lei aspetta un figlio.

I due tentano di entrare clandestinamente negli Stati Uniti d’Europa dove, per essere cittadini, occorre avere un “indice di sostenibilità” positivo. 
E dove la gravidanza naturale è vietata, ma si può soltanto partorire con uteri artificiali e dopo severi controlli.
Musiche elettroniche stranianti, tensione altissima, colpi di scena che non intaccano la sospensione dell’incredulità. Le interpretazioni sono ottime e la regia è veloce, nervosa, ben coordinata nell’unire montaggio e scrittura dei personaggi.
Un film che dà un segnale di speranza: anche in Italia si può fare della fantascienza in maniera seria, anche se facendo parlare i protagonisti in lingua inglese.
Promosso.

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La foresta di ghiaccio
di Claudio Noce con Emir Kusturica, Ksenia Rappoport, Domenico Diele, Adriano Giannini. Italia 2014, 100’
Genere: giallo, drammatico
Categoria di concorso: opere prime e seconde di registi italiani
Nelle sale: già passato (novembre 2014)
Valutazione: ***

Opera seconda di Claudio Noce, la cui trama è ambientata sul confine con la Slovenia, ma che è stata girata in Trentino Alto Adige.
Un noir dove l’elemento del giallo cade in secondo piano, in favore di una più spiccata tendenza a descrivere e raccontare le relazioni umane e i meccanismi che regolano la vita di una piccola comunità della Venezia-Giulia, dove la forte immigrazione di profughi dalla Jugoslavia ha caratterizzato gli anni Novanta del secolo scorso.

L’intreccio narrativo non è del tutto delineato, il che è a svantaggio di un noir che si dovrebbe reggere proprio su questo elemento. Ma le inquadrature sono eccezionali, la fotografia anche, e il paesaggio montano e invernale è mozzafiato.
Una splendida performance di Emir Kusturica è da sottolineare e nel complesso il lavoro del cast è dignitoso. Qualche difetto di sceneggiatura è evidente, ma è perdonabile. Un film comunque non facile da vedere e da valutare in una sola volta.

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Vergine giurata
di Laura Bispuri con Alba Rohrwacher, Emily Ferratello, Lars Eidinger. Italia 2015, 90’
Genere: drammatico
Categoria di concorso: opere prime e seconde di registi italiani
Nelle sale: attualmente (uscita 19 marzo 2015)
Valutazione: ***½

Hana è una ragazza di un villaggio dell’Albania che rimane orfana e viene adottata da un’altra famiglia.
Stringe amicizia con Lila, la figlia della coppia, e le due crescono insieme. Seguendo due diverse strade: Lila scappa da un matrimonio combinato e Hana fa il voto di diventare vergine giurata, ovvero di diventare uomo e non concedersi a nessuna forma di amore sentimentale o carnale.

Fino a quando decide di raggiungere Lila in Italia, dopo tanti anni che le due non si vedono. L’inizio della narrazione è proprio il ricongiungimento, a cui seguono diversi flashback.
Il film spiega senza essere didascalico; l’opera prima della Bispuri è approdata al Festival di Berlino, non senza meriti.

Una storia forte, ma raccontata in maniera delicata. Anche in questo caso non mancano alcuni difetti e alcune scene poco probabili, ma nel complesso l’androgina Rohrwacher è perfetta nel ruolo della donna-uomo, soprattutto nel far emergere i tratti psicologici di un personaggio le cui scelte richiedono una certa dose di coraggio.
Anche in questo caso poche righe non possono bastare, perché si tratta di un film difficile da valutare a una singola visione.

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LUNEDÌ 23 MARZO

Il regista Costa-Gavras, greco naturalizzato francese, è l’ospite che apre la terza giornata del Bif&st 2015, dopo la proiezione del suo «Amen.», film del 2002 che tratta la spinosissima tematica dell’olocausto e del poco impegno che Pio XII ha profuso nella sua condanna.

Come di consueto il regista ha parlato della sua esperienza artistica e lavorativa, non senza dimenticare particolari biografici che riguardano anche l’aspetto politico della sua gioventù, quando il padre ha maturato un sentimento anti monarchico dopo aver combattuto una guerra in Asia minore.

La filmografia di Costa-Gavras spazia in molti posti sparsi su tutto il mondo, dando una dimensione internazionale ai propri film e al proprio lavoro. All’accusa di essersi occupato poco della Francia risponde che il suo interesse va verso gli uomini in maniera più generale, e verso determinate situazioni nel particolare.

Amen.
di Costa-Gavras con Ulrich Tukur, Mathieu Kassovitz, Ulrich Mühe. Francia-Germania 2002, 126’
Genere: drammatico, storico
Categoria di concorso: fuori concorso – lezioni di cinema
Valutazione: ***

Film da cui, onestamente, ci si aspetta sempre quel “qualcosa in più”, ma che non delude comunque le aspettative.
È la storia di un chimico, ufficiale delle SS, che si occupa della disinfestazione dei parassiti nelle caserme. Le sue ricerche vengono usate per gassare gli ebrei nei campi di concentramento.

Il plot di base dà il via a un viaggio nell’etica e nella morale dell’ufficiale, che è anche un cattolico devoto e che tenta di raggiungere i vertici del Vaticano per far sì che papa Pacelli condanni a gran voce i crimini nazisti.
I personaggi sono ben tratteggiati e alcune scene sono girate in maniera degna di nota. Nel complesso c’è troppa enfasi a scapito di una tensione che non emerge mai come dovrebbe. Molto bella l’ultima mezzora, quasi kafkiana, dove tutti i fili si ricongiungono dando forma a una trama conclusiva che non lascia spazio a dubbi o speranze.

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Road 47
di Vicente Ferraz con Sergio Rubini, Daniel de Oliveira, Thogun. Italia-Brasile-Portogallo 2014, 107′
Genere: drammatico, guerra, storico
Categoria di concorso: panorama internazionale
Nelle sale: prossimamente
Valutazione: ***½

Produzione italo-brasiliana che ha anche Sergio Rubini tra i protagonisti.
Raccontato da uno dei protagonisti con una lettera al padre in sotto forma di voce narrante, «Road 47 (Estrada 47)» rievoca un evento storico dimenticato, che ha visto come protagonisti un manipolo di soldati brasiliani durante la seconda guerra mondiale; dopo essersi dispersi, riescono a sminare un campo minato permettendo il passaggio dei carri statunitensi.

Il film è onesto, girato benissimo, con dei paesaggi eccezionali a fare da contorno alla vicenda degli sbandati che vivono i propri drammi, collettivi e personali, all’insegna della solidarietà tipicamente brasiliana che poi farà da collante per il gruppo, durante l’intera durata della pellicola.

In una storia dove buoni e cattivi non sono divisi da una linea di demarcazione netta, il film di Ferraz ci offre il ritratto di alcuni uomini che si prefiggono un obbiettivo comune con il principale intento di non perdersi gli uni con gli altri. L’inettitudine dei brasiliani dal punto di vista del “fare la guerra” si compensa con il coraggio e la voglia di dare il proprio contributo a cambiare la grande storia. Merita di essere rivisto e anche in questo caso, non mi stanco di dirlo, occorre un’analisi più dettagliata.

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Discount
di Louis-Julien Petit con Olivier Barthélémy, Corinne Masiero, Pascal Demolon. Francia 2014, 102’
Genere: commedia
Categoria di concorso: panorama internazionale
Nelle sale: prossimamente
Valutazione: ***½

Brillante commedia francese sulla solidarietà ai tempi della crisi.
Un gruppo di commessi di un supermercato sono sull’orlo del licenziamento e decidono di trovare un modo non del tutto legale per arrotondare lo stipendio.

Personaggi meravigliosi e situazioni esilaranti si combinano in maniera equilibrata, non lasciando soltanto risate amare, ma anche tanti motivi di riflessione.
Prima della proiezione, il regista ha presentato il film dicendo di essersi ispirato alla commedia all’italiana di Scola, Monicelli e Risi.
Speriamo davvero che questo film arrivi nelle sale italiane perché è l’ennesima dimostrazione di come i francesi sappiano ancora fare commedie.

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Graziella
di Mehdi Charef con Rossy De Palma, Denis Lavant, Claire Nebout. Francia 2014, 93′
Genere: drammatico
Categoria di concorso: panorama internazionale
Nelle sale: prossimamente
Valutazione: ***½

Continua il “trend” delle valutazioni a tre stellette e mezzo. In effetti il livello del festival non è per nulla basso, ma non regala nemmeno capolavori. Per cui si rimane in equilibrio a mezza via tra il buono e l’ottimo.
Film molto citazionista, «Graziella» è anche un tributo allo Scola di «Una giornata particolare».

In un paesino della Francia c’è un istituto di recupero per ex detenuti. Graziella e Antoine si innamorano, ma la loro vicenda è costellata di problemi, situazioni oscure e un’atmosfera cupa che aleggia sempre attorno ai loro destini.
Film delicato, girato molto bene, con un’ottima colonna sonora. La vicenda carceraria e criminale è messa in secondo piano a favore delle dinamiche che regolano le vite di Graziella e Antoine, sempre in bilico tra la voglia di riscatto e il rischio di non uscire più dall’incubo della prigionia.
Da vedere.

Nicola ‘nimi’ Cargnoni

.in foto: il Teatro Margherita, uno dei quartieri generali della manifestazione.

Prossimi aggiornamenti: giovedì 26 e domenica 29.