E alura si dei brocc
di Ezio Gamberini

La seconda domenica di febbraio Grazia ed io abbiamo pranzato alle undici e trenta per essere presto al palazzetto dello sport di Pavone Mella


...volevamo assistere a una gara regionale di ginnastica artistica. Dopo avere osservato le atipiche perturbazioni degli ultimi giorni, caratterizzate per di più dal fenomeno dell’inversione termica che in modo anomalo genera maggiori temperature all’aumentare dell’altitudine, eravamo certi che nella bassa avremmo incontrato una copiosa coltre di neve, in modo bizzarro caduta abbondantemente in pianura lasciando all’asciutto la montagna.

Trenta o quaranta centimetri, da Rezzato in giù, mentre in Valsabbia un centimetro scarso, e poca di più salendo ancora verso il Trentino.
Oggi c’è un sole stupendo e in macchina, oltrepassata Brescia, dovrò indossare gli occhiali da sole, perché il riverbero causato dai campi innevati è davvero fastidioso.

Usciti dal casello di Manerbio e imboccata la strada in direzione di Leno-Gambara-Pavone Mella, il Tom Tom mi fa svoltare a destra.
Strano, le indicazioni parrebbero consigliare inequivocabilmente di proseguire diritto, ma qualcuno dice che del Tom Tom ci si deve fidare ciecamente, perché alla fine ti conduce alla meta.

La strada si restringe, qualche dubbio inizia a manifestars
i e poco dopo, ritrovandoci in una specie di tundra con distese di neve a destra e a sinistra, a perdita d’occhio, senza neanche una familiare montagna a far da cornice, cominciamo a maledire i navigatori.
Se qui mi si ferma la macchina siamo rovinati, e sono certo che ci troveremmo a faccia a faccia con un paio di orsi bianchi.

Scorgiamo all’orizzonte qualche sagoma che sporge dalla superficie innevata.
Sembra un miraggio, invece è un gruppo di case che appaiono sempre più riconoscibili man mano che procediamo sulla minuscola carreggiata, occupata per metà dalle barriere di coltre bianca spostata dagli spazzaneve.
Raggiungiamo l’abitato e lo attraversiamo: si tratta di Milzanello di Leno. 

Milzanello di Leno, e quando mai nel corso della nostra vita saremmo passati da questo paesello, se non ci avesse condotto l’infernale dispositivo satellitare?
Finalmente dopo qualche chilometro riprendiamo la strada grande e in breve raggiungiamo la palestra.
Il parcheggio è pieno all’inverosimile e ci mettiamo un quarto d’ora a trovar posto.

Il palazzetto è stracolmo di atleti, allenatori, giudici e pubblico assiepato sulle tribune.
Per mezz’ora staremo in piedi, a ridosso dei muri, e poi finalmente, quando finisce il turno di gare di una categoria, riusciamo a sederci.

Che soddisfazione! L’Artistica Dafne, la società di ginnastica artistica costituita da mia figlia Annina insieme con l’amica e collega Simonetta, conquisterà quattro podi con tre terzi e un primo posto, unica squadra su quattordici a conquistare il podio in tutte e quattro le categorie, in questa gara regionale che ha visto la partecipazione di duecentotrentacinque concorrenti, davanti ad un pubblico di centinaia di persone che hanno gremito il palazzetto.

Verso le cinque di pomeriggio decidiamo di rientrare in Valsabbia.
In viaggio accendo la radio mentre trasmettono i commenti alle partite del campionato di calcio appena concluse.
Non che m’interessi particolarmente, anche se i miei trascorsi calcistici potrebbero far pensare il contrario. Conservo un ricordo indelebile e meraviglioso dei sei campionati giocati nei “Falchetti”, la mitica Falck di Vobarno, dal 1975 al 1981.

Mi sono tolto enormi soddisfazioni, tra le quali realizzare il sogno che coltivavo sin da bambino, e cioè giocare in uno stadio “vero”, coronato nel 1977 quando disputammo la finale di Coppa Brescia allo stadio Rigamonti, in città.
L’emozione che provai nel salire gli scalini che conducevano al terreno di gioco è indescrivibile, e calpestare quel magnifico tappeto erboso, che sembrava muschio, fu davvero memorabile per la vita mia.
Avrei voluto rotolarmi per ore!

Qualche mese dopo calpestammo anche il terreno del “Martelli” di Mantova (in un campionato Beretti disputato con Brescia, Chievo, Trento, Bolzano, Mantova…) che era circondato dalla pista di ciclismo con le curve paraboliche, ma la qualità del tappeto erboso non era paragonabile a quello di Brescia.
Poi gli anni successivi campionati avvincenti, con l’esordio agli ordini degli allenatori Gigi Brotto, veneziano, gran portiere del Brescia anni ’60, e nei due seguenti Chico Nova, centravanti di Brescia, Atalanta e Palermo, in seguito per anni ottimo commentatore televisivo.

E ancora oggi, certe notti, sogno il gol che realizzai in una sfida Falck-Lumezzane, quando avevo diciott’anni.
Calciai di sinistro, al volo, da trenta metri infilando il “sette” dell’incolpevole portiere Soncina, che aveva giocato nella Cremonese e quel campionato difendeva la porta del Lumezzane, allenato da Gigi Maifredi, il quale qualche anno dopo, grazie ai successi alla guida di Ospitaletto e Bologna, sarebbe arrivato alla corte degli Agnelli in una sfortunata stagione juventina.
Quel gol ci permise di conservare il secondo posto proprio davanti al Lumezzane, in un campionato che dopo due giornate fu vinto dal Crema.

Che gol! Astuzia, bravura, estro? Forse, ma, scusate l’espressione, secondo me fu soprattutto una strepitosa ed irripetibile gran “botta di culo”, che mai più si è riprodotta con le stesse fattezze!
Mi piaceva quel calcio, esclusivamente giocato, mentre provo avversione per quello odierno, soprattutto “parlato”.

Diciamo che la radio, più che altro, nel viaggio di ritorno l’ho accesa per abitudine, mentre Grazia socchiude gli occhi e si appresta a schiacciare un pisolino. Le sciocchezze che si ascoltano, quando parlano di calcio, sono di una vacuità assoluta.
Trasmettono l’intervista da Genova all’allenatore della Sampdoria Sinisa Mihajlovic, dopo il pareggio di 1 a 1 con il Sassuolo: “Eh, dopo la pessima partita della settimana scorsa in cui abbiamo perso 5 a 1 contro il Torino, anche oggi siamo partiti male e abbiamo incassato un gol nei primi minuti…”.

Grazia si risveglia dal torpore, apre gli occhi con estrema lentezza e sentenzia: “E alura si dei brocc!” (“E allora siete dei brocchi!”), e riprende a sonnecchiare.
Quasi sbando, e poi cominciamo a sganasciarci dalle risate! Rideremo fino ai Tormini e prima di arrivare a casa ci acquietiamo, per assumere la consueta compostezza che è opportuno conservare tra le persone normali, al tuo paese…

Quando gli amici ci chiederanno: “Ma dove siete stati domenica?”, noi potremo rispondere con fierezza: “Siamo stati a Milzanello di Leno!”.
Quasi quasi, se c’è da divertirsi come oggi, potremmo tornarci anche domenica prossima, a Milzanello di Leno…