«Jimmy's Hall» una storia d'amore e libertà
di Nicola 'nimi' Cargnoni

L’instancabile Ken Loach non si ferma più ed è tornato con un nuovo film


Con l’avvicinarsi agli ottant’anni d’età, Loach si fa sempre più attivo sulla scena cinematografica.
Non che fosse un regista parco nel realizzare film, ma negli ultimi otto anni ha realizzato sette film, tra finzioni e documentari.

Probabilmente la molla creativa è scattata grazie alla Palma d’oro conquistata a Cannes nel 2006 con «Il vento che accarezza l’erba», una pellicola in cui Loach si focalizza sull’Irlanda del 1920 e sulla resistenza irlandese a fronte dell’attacco inglese, anche se a interessare maggiormente il regista sono le tensioni che emergono successivamente tra le famiglie filo-britanniche e quelle che si schierano contro.

Lo sfondo della guerra civile in Irlanda
è il terreno in comune con «Jimmy’s Hall» che, è bene dirlo subito, da un punto di vista prettamente cinematografico è un prodotto certamente inferiore a quello del 2006, pur lasciando ampî spazi ai risvolti psicologici dei personaggi e alle emozioni che essi smuovono nello spettatore.

Loach torna dunque in Irlanda, dieci anni dopo la guerra civile. Siamo negli anni Trenta e Jimmy Gralton (attivista irlandese realmente vissuto) torna dagli Stati Uniti per ricongiungersi con la madre e coltivare la terra dopo la morte del fratello.
In loco alcuni giovani lo convincono a riaprire la Hall che lui stesso aveva costruito prima della guerra civile: una balera dove gli abitanti del paese non si ritrovavano soltanto per danzare, ma anche per fare pugilato, per leggere e per seguire corsi di disegno, di canto e di musica.
Gralton si lascia convincere e riapre la Jimmy’s Hall: da quel momento tornano su di lui, dal passato, le stesse ostilità che lo avevano costretto ad allontanarsi.

Dipanandosi sulla lotta tra il potere aggregativo della Hall e i contrasti religiosi/politici degli antagonisti di Gralton, il filo narrativo non vuole soffermarsi soltanto sulle lotte intestine dell’Irlanda di quegli anni; lo sguardo di Ken Loach gira a 360° attorno al mondo della Hall, mettendone in evidenza la funzione non solo pratica.
Jimmy, le sue amiche, i suoi amici e tutti i ragazzi del paese convergono verso la Hall per il semplice gusto di stare insieme, per poter svolgere attività ricreative e istruttive. Questo desta la preoccupazione dei poteri conservatori, che condannano la Hall come luogo peccaminoso e che favorisce lo scambio di idee sovversive.

Nell’eterno e ciclico scontro tra libertà e repressione
, il film di Loach getta uno sguardo delicato sui rapporti tra Jimmy e i suoi compagni, focalizzandosi sulla libertà che scaturisce dalla semplice condivisione di spazi.
«Jimmy’s Hall» probabilmente non è il migliore film di Loach e non raggiunge le vette scalate da altri suoi lavori, ma si inserisce perfettamente nel filone delle ultime sue opere, tra le quali è bene citare il documentario «The Spirit of ’45» del 2013, che indaga le reazioni e le emozioni del popolo inglese all’indomani del conflitto mondiale.

Loach ama indagare sulla pluralità dei rapporti
che si creano a fronte di situazioni anche difficili e «Jimmy’s Hall» è un film ben lontano dalla cupezza e dal disfattismo a cui potrebbe essere accostato se ci si limita a un semplice riassunto della trama.
Si tratta, invece, di una pellicola viva e vivace, mordace, colorata e musicale, spensierata e anche molto ottimista, perché ne emerge un fondo di speranza che non si lascia soffocare dalle avversioni e dagli eventi contrari.

Loach ha 78 anni, ma riesce ancora a realizzare film con uno sguardo dolcemente ingenuo, sognante e delicato: *** su 5.

Nicola ‘nimi’ Cargnoni

In uscita questa settimana (da segnalare): Hungry hearts, La teoria del tutto.
Già nelle sale (da segnalare): Neve, Pride, Mommy, Melbourne, Viviane, Jimmy’s hall, Gone girl, St. Vincent, American sniper, The imitation game.