Mai più il pennello
di Ezio Gamberini

L’avevo giurato: “Mai più il pennello!”, dopo il tour de force di qualche anno fa che mi vide impegnato a dipingere cancelli e ringhiere della nostra abitazione, dalle sei del mattino alle dieci di sera di un sabato estivo...


Insieme ai vicini avevamo acquistato la super-vernice metallizzata che avrebbe resistito per i prossimi dieci anni, e qualcuno finì il lavoro in qualche giorno, altri in due o tre settimane, mentre il sottoscritto, fuori il dente fuori il dolore, come annunciato all’inizio, in una sola giornata.
Le conseguenze si protrassero per una settimana intera: avevo dolori in ogni parte del corpo!

E’ perciò comprensibile la titubanza che avevamo Grazia ed io, quando, prima che giungesse l’inverno, pensammo di rinfrescare soffitto e quella porzione di pareti non piastrellate del bagno; in tutto neppure quindici metri quadrati.
“Come si fa a chiamare un pittore per una sciocchezza del genere?”, ci ripetevamo …
Ok, mi arrangio io. In un sabato mattina concludo la faccenda”, le comunicai persuaso.

Andai a comprare cinque chili di tempera, che sarebbero stati più che sufficienti, e due teli per ricoprire i sanitari.
Il sabato mattina mi alzai presto e non svegliai Grazia, perché volevo che trovasse tutto finito al suo risveglio: al massimo in due tre ore, ero convinto, avrei terminato.
Preparai la tempera in un secchio più grande, ricoprii i sanitari e salii sulla scala per cominciare a dipingere.

Filò tutto liscio, fin quando si trattava di spostare la scala accanto alla doccia, o in fianco al mobile; i problemi iniziarono quando si trattò di dover dipingere la parte di soffitto collocato proprio sopra la vasca.
La nostra vasca ha due lati della stessa lunghezza, con un’angolatura di novanta gradi, lungo le due pareti, mentre l’altro lato è costituito da un quarto di cerchio, che arriva al centro del bagno; la forma, in sostanza, è quella di un quarto di cilindro. Non potendo inserire la scala all’interno della vasca, a causa della sua concavità, ho pensato bene di incastrarla, tenendola chiusa, tra il bordo di quest’ultima e il wc, che è collocato a una trentina di centimetri.
In questo modo, la scala si sarebbe trovata in pendenza sulla vasca, ma saldamente ancorata al sanitario, ed io, facendo attenzione, avrei potuto sporgermi per riuscire comodamente a dipingere ogni parte del soffitto.

Affrontai timidamente il primo scalino, poi il secondo, infine il terzo: teneva! Allora salii sul quarto, poi sul quinto e allungai il braccio…
Non so cosa successe (cioè, lo so benissimo, rinco che non sono altro…), ma all’improvviso la scala scivolò via dalla sua posizione che reputavo salda e sicura, ed io mi ritrovai come Klaus Dibiasi e Giorgio Cagnotto, campioni olimpionici di tuffi, a fare un volo da un metro e mezzo all’interno della vasca (vuota!), con un frastuono infernale!

Grazia si destò all’improvviso e quando aprì la porta del bagno poté osservare la seguente scena: uno scemo giaceva immobile all’interno della vasca, steso come un baccalà e sovrastato da una scala, la quale, evidentemente perfida sin dalla nascita, prima di incombere minacciosa e precipitarmi addosso, facendo leva aveva ribaltato il secchio della tempera, che era lì accanto, e il lattiginoso liquido si era sparso per tutta la superficie del pavimento, inondandolo. Grazia, poverina, non poteva neanche raggiungermi, ma guardandoci negli occhi, che riaprii dopo qualche secondo, cominciammo a ridere come pazzi.

Prima di rialzarmi, feci la conta dei danni: schiena, ginocchio e costato mi dolevano parecchio, per il resto, tutto appariva normale.
Fu soltanto la mattina successiva, al risveglio, che mi accorsi di altre conseguenze: oltre a schiena, ginocchio e costato, mi facevano male polso e gomito.
Per fortuna era domenica, e potei “leccarmi le ferite”, perché da lunedì avrei dovuto comportarmi come se niente fosse successo: nulla doveva trapelare! Per un paio di settimane è stato un calvario, intervallato dai momenti in cui con Grazia, ripensando all’accaduto, ridevamo con gusto, anche perché lei, proprio in questo periodo, ha avuto un ritorno di fiamma per la scoliosi cha da ragazzina l’ha obbligata a eseguire ginnastica correttiva per anni, con dolori alla schiena persistenti e lancinanti; insomma, così malmessi entrambi, sembra di volersi più bene.

E soltanto adesso che “… ‘a nuttata” non “ha da passà, ma finalmente sembra proprio trascorsa, e i dolori sono soltanto un ricordo, sia per me, sia per Grazia, posso narrare della faccenda col sorriso sulle labbra.

Ah… la perfida scala ora riposa presso la discarica comunale, mentre l’altro giorno ho acquistato ventiquattro pastelli Giotto e trentasei pennarelli Faber-Castell, per quando avrò la voglia di dipingere: tutto ciò è certamente molto più sicuro e salutare, ma soprattutto bello e istruttivo, come diceva Giovannino Guareschi, che invito caldamente a leggere, per chi non l’ha mai fatto, o rileggere, per chi ha la fortuna di averlo già conosciuto.

Ezio Gamberini