Cara famiglia
di Giuseppe Maiolo

Recentemente in TV è stato riproposto “Ricordati di me” un film sulla famiglia del regista Muccino che qualche anno fa ha avuto un grande successo


Già il titolo è indicativo di un bisogno uno dei più acuti di ognuno di noi e soprattutto dei giovani: quello di essere nella mente di qualcuno, di essere pensati e non dimenticati.

Ecco, come nel film, che è l’amara descrizione di una famiglia alle prese con i problemi quotidiani, nelle realtà familiari dei nostri giorni c’è spesso distrazione, distanza, assenza di pensieri.
Ognuno sembra essere una monade,  vive solo, distaccato, lontano. Ognuno tenta di trovare un senso alla propria esistenza e prova a raccontare qualcosa di sé, cerca di scriversi una storia che possa interessare a qualcuno. Invece, sovente, non vi è nessuno che si fermi ad ascoltare, nessuno che risponde.

Occupandomi di adolescenti mi capita spesso quando arrivano da me per una consulenza o una terapia che all’inizio comincino dicendo “non so che cosa dire”.
Poi parlano di sé per un’ora, di filato, senza sosta. Non si arrestano se non per vedere se ci sei dentro la loro storia, se sai calarti nei loro panni stretti e sfilacciati e sai aderire alla loro pelle.
E ciò a conferma del fatto che c’è un acuto bisogno di ascolto e di presenza.

Quando ti chiedono di parlare, di raccontarsi, si aspettano di ritrovare uno che sia lì quel tanto che basta per aiutarli a vedere la strada che hanno fatto.
Spesso non hanno certezze e non riescono a vedere cosa li attende oltre il dosso sul quale sono fermi. Il più delle volte, se ci sei con loro, non ti chiedono nemmeno cosa devono fare.
Gli basta sapere che c’è qualcuno a cui dare fiducia e, anche per un tempo finito, sappia accettare i molti interrogativi che hanno sulle spalle e quelle altalene di umori e di sensazioni nuove, spesso icomprensibili.

Aiutarli è possibile oltreché doveroso.
Serve mettere a disposizione spazi e momenti di ascolto che di certo servono come compensazione ai tanti silenzi che ci sono dentro questa  nostra vita rumorosa e frenetica.

Urge però far crescere in famiglia il terreno del dialogo.
Perché purtroppo sono molti, troppi, i genitori che non sanno da che parte iniziare un discorso con i loro figli, che stentano a parlare di sé e a raccontarsi quando invece quei figli, così intolleranti e insofferenti di ogni parola che viene dall’adulto, avrebbero una gran voglia di sapere e conoscere la storia e il percorso dei loro genitori.

Invece madri e padri tacciono le loro vite passate, le nascondono o le dimenticano, forse per vergogna, spesso per distrazione.

Ma così facendo inchiodano i giovani al presente.
Inutile meravigliarsi allora se molti degli adolescenti che incontriamo su nostri passi non hanno il senso della storia che pure sta dietro ogni cosa, ogni oggetto che li circonda.
Inutile stupirsi se sanno solo “cogliere l’attimo fuggente” e, consegnati al presente, come rileva il rapporto Istat di qualche anno fa, si nutrono avidamente di un consumismo usa e getta così diffuso nella nostra epoca.

Dovremmo ripensare a una prassi di sostegno della famiglia, a dei servizi educativi che possano essere davvero utili ad essa e le consentano di attrezzarsi praticamente ai compiti specifici.
Sempre di più oggi mettere in campo piste di riflessione, contesti e percorsi di crescita, laboratori di sviluppo per i genitori e incrementare quella che passo sotto il nome di educativa familiare unica possibilità che abbiamo di prevenire il disagio e far crescere nuovamente una comunità educante capace di fare rete.

Giuseppe Maiolo
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