La principessa che splendeva per tre giorni al cinema
di Nicola Nimi Cargnoni

Dopo 11 anni, il regista di animazione Isao Takahata torna nei cinema con «La storia della principessa splendente»


Valutazione: ****.
Partendo da un’antichissima fiaba giapponese, risalente al X secolo, Takahata realizza un adattamento destinato a entrare nel cuore di chiunque si approcci a esso.

Kaguya è una creatura che viene esiliata dalla Luna e quindi scende sulla Terra; viene trovata da un artigiano che si procura il bambù per poterlo lavorare. Un giorno trova Kaguya, sotto le sembianze di una minuscola principessa, custodita in un germoglio di bambù.
Decide di portarla a casa, dove la creatura si trasforma in una neonata che cresce letteralmente a vista d’occhio. Il tagliatore di bambù e la moglie decidono di donare tutto il loro amore verso questa creatura, crescendola tra la natura e lasciando che la bambina vada a giocare con gli altri ragazzini del villaggio vicino.

L’ambientazione naturale, in un’atmosfera sospesa tra il neorealismo e il favolistico, è uno dei temi cari allo Studio Ghibli, la storica casa di produzione resa famosa dalle animazioni di Miyazaki.
Lo spettatore è messo a proprio agio, assistendo a un incanto che è vissuto dai protagonisti in maniera del tutto normale, come fosse usuale: lo spirito di Kaguya non può che attirare simpatia e, quindi, anche empatia.

Fino a quando il padre decide di trasferirsi nella grande capitale, inserendosi nell’ambiente urbano e sociale della città.
Kaguya si adatta al nuovo stile di vita, facendo emergere un forte amore nei confronti del padre e aderendo a uno stile di vita del quale segue i codici comportamentali, ma del quale rifiuta la natura.

Senza svelare ulteriormente la trama, si può benissimo affermare che questa creatura, che dalla Luna viene catapultata sulla Terra, si trova a vivere tutti i riti di passaggio della crescita, fino a una sostanziale infelicità che trova terreno fertile sul sentimento di amore/odio che la “Principessa Splendente” nutre nei confronti degli uomini.

La scelta a cui la principessa sarà messa di fronte non è facile e nemmeno risolutiva, ma in pieno “stile Ghibli” lascia che lo spettatore si trovi sorpreso a dover asciugare una lacrima quando, all’improvviso, si riaccendono le luci della sala, dopo un finale che lascia spunti di riflessione e commozione, in un irrisolto conflitto tra la poesia e l’azione.

Con un disegno quasi fumettistico, la fiaba di Takahata è infatti intrisa di poesia, dimostrando ancora una volta come si possa fare grande cinema usando il linguaggio dell’animazione; in questo caso un’animazione scevra da ogni trovata digitale, con un tratteggio simile al carboncino e colori realizzati con acquerello, segno di una a-temporalità sottolineata anche dall’uso di un linguaggio arcaico (anche nel doppiaggio); con immagini dai contorni non sempre precisi, il film è anche una porta sui sentimenti di Kaguya, una figura splendida, un personaggio dalle mille sfaccettature e che concede allo spettatore moltissimi spunti di riflessioni etiche, morali e filosofiche.

Non si sa quale possa essere il destino dello studio Ghibli (il cui nome, per altro, deriva da un aeroplano della Regia aeronautica italiana).
Il ritiro di Miyazaki e l’età avanzata di Takahata hanno mosso voci di una prossima chiusura; ma anche quest’ultima, splendida fiaba fa sperare che ci sia qualcuno pronto a raccogliere l’eredità lasciata dai grandi maestri dell’animazione giapponese, per portare avanti una tradizione capace, ancora,  di far sognare e commuovere le generazioni di ieri e di domani.

In uscita questa settimana (da segnalare): Torneranno i prati, Sils Maria.

Già nelle sale (da segnalare): La spia, La danza della realtà, Last summer, Pelo malo, Boyhood, Il sale della terra, The judge, Buoni a nulla, Io sto con la sposa, Winter sleep, Class enemy, Amoreodio, Joe, Il giovane favoloso, Piccole crepe grossi guai.

Nicola Nimi Cargnoni