Cuore di cacciatore
di Redazione

Ieri mattina, al cacciatore segugista Giuseppe Ghidinelli di Sopraponte, noto per i suoi segugi Campioni del Mondo, è capitato un incontro strano


Partito di buon mattino assieme ai suoi compagni di caccia della squadra lepraioli “Brachèria de Sosèt” di Sopraponte, mentre si dirigeva alla postazione a lui assegnatagli dal “Canettiere” capoosquadra, dopo aver percorso i primi quaranta metri di un viottolo, incontrava tra i sassi del viottolo stesso, un nidiata di cuccioli di cane, piangenti, affamati ed infreddoliti, abbandonati naturalmente da mano umana che aveva voluto disfarsene.

I lamenti dei neonati che si affannavano tra gli stenti dell’abbandono, della fame e del freddo, (probabilmente sono stati abbandonati la notte precedente o poche ore prima dell’alba), faceva scattatare il cuore dei cacciatori che hanno ancora un’etica.
Subito la solidarietà dell’intera squadra si mobilitava in una serie di telefonate: alla loro Veterinaria, ai loro amici non cacciatori e parenti, che si affrettavano sul posto e recuperavano i piccoli cuccioli.

Dopo circa un’ora Giuseppe, seguendo ancora dei flebili lamenti recuperava altri due cuccioli ormai scaraventati in un canale vicino, di cui purtroppo uno solo di essi era ancora vivente.
Poco dopo si univa alla squadra segugisti di Sopraponte anche la squadra segugisti di Prandaglio che già ipotizzavano come e dove poter adottare i neonati.

Le attenzioni dell’amico Roberto Filippini, le cure amorevoli di Carla Borra, e di Betti moglie di Giuseppe, facevano il resto nel mettere in salvo definitivamente i cinque cuccioli superstiti che ancora nel primo pomeriggio trovavano il giusto collocamento presso l’associazione di volontariato degli animali “Laica” di Erbusco.

Certo, si sa, i cacciatori vanno a caccia nel tentativo dell’abbattimento di una preda selvatica che comunque è anch’essa un’animale.
Ma hanno un’etica, che tutti i cacciatori rispettano rigorosamente, proprio perché sono cacciatori “veri” e non “qualcos’altro”.
E’ quella sì, di affrontare l’ancestrale sfida tra loro e il selvatico, dando però la possibilità al selvatico di potersi difendere con le proprie astuzie naturali e comunque di non farlo mai soffrire nel cruento istante dell’abbattimento.

Ma hanno anche un cuore, quello che non permette loro di accettare il fatto che persone per bene, quasi sicuramente non cacciatori, lascino tranquillamente morire piano piano tra atroci sofferenze come quelle della fame e del freddo, degli animali domestici, abbandonandoli vivi senza difese e senza possibilità di scampo.