Ferloccate
di Ezio Gamberini

Anna e Chiara, in rigoroso ordine di apparizione, due affarini che insieme sfiorano i dieci anni di vita, mi colgono impreparato ed esclamano a bruciapelo...


...
“Papy, ci compri un gattino?”. 
“Certo, bambine mie, sarà fatto!”.


A sera mi reco in un negozio specializzato, per un po’ mi guardo attorno e poi, all’improvviso, scorgo un adorabile micetto dagli occhi vispi, che fissano i miei.
Si tratta di un grazioso batuffolo che sta in una mano, dal pelo lungo color bruno chiaro con chiazze bianche: me ne innamoro a prima vista, lo voglio!

“Quanto costa?”.
“Seimila lire”.
“Affare fatto!”. 


Lo porto a casa e non vi dico la reazione delle piccole… Alla fine, senza molta fantasia, lo chiameremo “Micio”. 

Sono passati vent’anni, e Micio è ancora lì, immobile, accanto al telefono. E’ davvero straordinario, perché anche quando andavamo in ferie, lo lasciavamo lì, tranquillo, e al ritorno lo ritrovavamo tale e quale. Vuoi accarezzarlo? Lui non scappa.
Micio non c…., non p….., non rovina i mobili, lascia in pace i topi, insomma è di gran compagnia, quando ne hai voglia, ma per nulla invadente!
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L’anno in cui è introdotto l’euro, il 2002, Paolo compie diciotto anni e, ottenuta la patente, con flemma “british” mi chiede:

“Papy, mi compri la Smart?”.
“Come no, certo figliolo!”.

L’affare è concluso già in settimana e avviene tramite l’investimento di euro sei, conferiti alla tabaccheria del paese per l’acquisto di una scintillante Smart ForTwo Passion blu e grigia metallizzata, scala 1:43.
Anche in questo caso, ometto la reazione del mio figliolo…
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Prima di partire per la sospirata passeggiata, quando ne abbiamo la possibilità, osserviamo il cielo, che stavolta si presenta nero e minaccioso come non mai, ma soltanto verso nord: “L’acqua de Degagna no la bagna”, sentenzia Grazia con intonazione solenne, che non ammette repliche né contraddittorio.
E in effetti, è risaputo che nell’emisfero boreale (il nostro, quello dove risiediamo noi valsabbini, insomma) le perturbazioni provengono da ovest e si dirigono verso est. Perciò partiamo baldanzosi, certi che non pioverà.

Trascorsa mezz’ora, dopo essere usciti dal paese e costeggiato la riva del fiume, quando siamo ormai in mezzo al bosco senza alcuna possibilità di ripararci, viene giù il finimondo: un diluvio furioso e incessante, un nubifragio come non avveniva da anni e anni, con la pioggia che ci entra fin nelle ossa!

Torniamo a casa, inzuppati e fradici, ma senza mai smettere di ridere, perché mentre camminiamo, sulla via del ritorno faccio notare a Grazia che, con molta probabilità, quella non era propriamente “L’acqua de Degagna”; forse si trattava di quella “de Carvan”, così mi sento in diritto di coniare una nuova massima: “L’acqua de Degagna no la bagna, ma chela de Carvan la fa dan”.

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2009, si festeggia il venticinquesimo anniversario della Cooperativa Ai Rucc e Dintorni, fondata nel 1984 da don Raffaele (così come quest’anno si celebra il trentesimo, con numerose manifestazioni che raggiungeranno il loro culmine nel mese di settembre!); nel corso di una bella serata al teatro comunale è proiettato un gustoso filmato che illustra la storia della comunità, mostra le stalle, i prodotti, le interviste a ospiti e operatori e la vita trascorsa nel periodo estivo all’alpeggio in Val di Fumo.

In quell’occasione, era l’agosto del 1991, ai piedi dell’Adamello, dove nasce il fiume Chiese, trascorsi in malga una delle più belle settimane della mia vita: con Emanuele (che insieme a Giovanni è la “storia” e l’“anima” della cooperativa) e alcuni ragazzi, oltre al “casaro” nonno Vittorio, durante la permanenza mi occupai della cucina, al loro servizio.

Nel filmato che scorre, a un certo punto sono ritratto in mezzo a loro mentre gesticolo e indico l’orizzonte e le cime dei monti: sembro un “professorone” intento a spiegare la morfologia delle Alpi, la struttura dell’atmosfera terrestre, i segreti della natura!

Sai che cosa stavi dicendo, in quell’occasione?” mi bisbiglia Emanuele, incapace di trattenere un sorriso beffardo. Ora ricordo! Declamavo l’antico proverbio:
Se la montagna la gà el capèl, o che fa brӧt, o che fa bèl… Ma se ‘l capèl el ghè mia del tӧt, o che fa bèl o che fa brӧt ”.

La seconda parte, originale ed esclusiva opera mia che ha determinato il conferimento di una laurea honoris causa in “ferloccatura classica” (anni e anni di duro impegno nello studio della “bagatelleria applicata”, cari amici lettori, mica ingegno o improvvisazione!) dimostra in maniera definitiva l’assoluta infallibilità degli antichi detti popolari.
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Fra dieci giorni si laurea anche la nostra “piccola” Chiara. Che cosa pensare? “Game over”, per noi poveri “vecchietti”? Non credo proprio. Prima di tutto perché c’è l’Erasmus, la specialistica, e poi, per noi due, ancora una decina d’anni di lavoro, senza contare i due figli maggiori che se ne sono andati da casa, i quali fortunatamente gradiscono il ritrovarsi insieme, quando ne abbiamo l’occasione.
Ma ho l’impressione che Grazia ed io stiamo diventando “nonni dentro”, perché quando ci accostiamo ai bimbi piccoli, e conversiamo con loro, ci commuoviamo.

Proseguiamo il cammino, in attesa di quello che ci riserverà il futuro, bello o brutto che sia, ma confidando nella vita, perché la vita è troppo bella, e non può essere tradita.