«La città incantata» al cinema per tre giorni
di Nicola nimi Cargnoni

Da mercoledì 25 a venerdì 27 arriva nei cinema il capolavoro di animazione del regista giapponese Hayao Miyazaki


Continua l’operazione di recupero dei film di Miyazaki; dopo «La Principessa Mononoke», proiettato nelle sale durante la Festa del Cinema dall’8 al 15 maggio, è il momento del bellissimo «La città incantata».

Realizzato nel 2001 e vincitore dell’Orso d’oro al festival di Berlino (oltre che dell’Oscar al miglior film di animazione), è con tutta probabilità il capolavoro massimo della filmografia di Miyazaki.
Oltre a essere il creatore di alcune delle serie tra le più amate (ricordiamo i cartoni animati «Lupin III»), il regista giapponese ha sceneggiato e diretto molti lungometraggi di animazione tra cui spiccano titoli come «Il castello errante di Howl», «Porco rosso», «Il mio vicino Totoro».

Non bisogna lasciarsi ingannare dalla natura della sua cinematografia, perché all’animazione non equivale per forza un pubblico specifico o con un’età definita; Miyazaki utilizza il cinema d’animazione per mettere in campo, comunque, soggetti e tematiche degni del miglior cinema d’autore.
Nei suoi lavori emergono elementi visionari, misti a una poesia di fondo, che li rendono così drammaticamente vicini all’esperienza di vita di chiunque si affacci sui suoi personaggi; l’intreccio tra bene e male, la delicatezza con cui utilizza i personaggi femminili, gli scenari, i valori universali che caratterizzano le sue trame e tematiche come natura e pacifismo sono tutti elementi portanti della sua poetica e della sua cinematografia, tanto da valergli il soprannome di “Kurosawa dell’animazione”.

Cinema d’animazione per adulti, quindi.
Un modo per mettere su schermo storie fantastiche, delicate e sognanti, ma sullo sfondo di esperienze di vita e di sentimenti condivisi da tutti.
Nessuna recensione sulla Città incantata, ma una sola raccomandazione: fate in modo di vederlo, al cinema o a casa.
È uno dei capolavori della storia del cinema, non ha nulla da invidiare a titoli del cinema classico.

Nicola ‘nimi’ Cargnoni