Ai posteri l'ardua sentenza
di Itu

L'arte si muove dentro il tessuto della storia sconvolgendo i nostri percorsi: ciò accade e ci sorprende con il tocco della musica, della pittura, della scrittura, della danza. O quant'altro muova in forma originale i nostri pensieri



Ascolto mia nipote ripetere per compito "Il 5 maggio" di Manzoni e penso la noia di quel grande che per promuovere altre letture s'impegna a carezzare il sogno dei delusi, d'incarnare le parole necessarie alla ricorrenza e sopravvivere del proprio lavoro.

Forse si è reso conto che il testo era carino, ma la genialità scorre come un fiume in piena e non c'è tempo d'intenerirsi, sicuro che già la mente cuciva altre parole e perdono per un piatto di minestra.

Mi capita la visione di una edizione registrata di un concerto di Brahms per pianoforte e orchestra diretta da Abbado e solista Pollini: ad occhio un'interpretazione di circa quarant'anni fa a rigor di immagini del vigore e ispirazione del fior degli anni di entrambi.

Abbado è morto solo pochi mesi fa, vecchio stanco e malato e mi intenerisce pensare se come me rivedendosi in quel lontano tempo fosse cosciente di sentimenti cambiati che colano musica diversa in spessore ed energia.
Appena un concerto è terminato c'è subito da prepararne un'altro.

Adeguarsi ai tempi è difficile, soprattutto quando non c'è tempo per riflettere su interpretazioni da dare alla storia.
La creatività in tempi di velocità e poco margine alla follia interpretativa si rivela piatta e uniforme, deve contentare troppo pubblico.

Tra le mani mi trovo una copia di "Cent'anni di solitudine" di Màrquez, in questi giorni lui è partito in viaggio con i suoi personaggi di Macondo, ha lasciato nel mio cuore l'eternità del respiro che gira senza posa nelle nostre vite.

Mi è tornata voglia di ricominciare a leggere per l'ennesima volta le vicende del libro che non mi esaurisce mai.