Illusioni da palcoscenico
di Itu

Percepisco nel comune destino la fatica di rappresentarci in questo tempo e spazio: forse ci sentiremmo più leggeri se sapessimo affidarci agli errori come risorsa creativa e non da rifuggire



A volte ci penso: e se fosse che esalato l'ultimo respiro ci troviamo tutti ancora con il nostro compito in mano davanti al Giudice che ci rimanda indietro a questa terra per rifare ancora lo stesso testo?

Bhè, sarebbe nella logica universale riciclare ciò che è stato creato, è anche interessante dal punto di vista filosofico tanto che interessa anche le religioni, ma io sono interessata agli sbagli e questo mi porta altrove.

Chi pratica o ha praticato i palcoscenici sa che ogni recita è frutto di un duro lavoro di tecnica e tenacia fisica e mentale, che nella rappresentazione con il pubblico diventa esclusiva di un clima esterno dato dal pubblico ed interno dettato dall'emozione che si addice solo a quel momento.

E se le vita è fatta di sensazione che male c'è se ostinatamente attraversato tutto, ancora questo palcoscenico ci reclama a disegnare lo stesso copione?

Ma c'è lo sbaglio, quella parola uscita in lapsus, quel fiato stretto che si dipana in stecca, quella diteggiatura che non si era studiata, insomma, sul palcoscenico ti tocca di camuffare, nel poco reale che ci tocca vivere è un conto da saldare riprovando il copione.

Può diventare una tortura allora la ripetizione eterna della fatica di vivere, ma lo sbaglio il vero ingrediente che libera l'anima e ci fa tornare ancora in palcoscenico.