Termovalorizzatori e Entropia
di Aldo Vaglia

Si usa sempre più di frequente in dibattiti sul cibo, sull'energia, sull'ecologia il concetto fisico di entropia. Ne abbiamo già scritto in "Uguaglianza e diversità" e "Un viaggio tra Ecologia, Filosofia e Fisica"


Anche per spiegare l’avversità scientifica ai termovalorizzatori occorre far ricorso al secondo  principio della termodinamica.
In fisica le variazioni di Entropia, assai difficili da calcolare, sono molto semplici da intuire.
Se il primo principio della termodinamica, sulla conservazione di massa e energia, ci porta a considerare la crescita come infinita, dal momento che: ‘nulla si crea e nulla si distrugge, tutto si trasforma’, il secondo principio, quello sull’entropia, ci riporta con i piedi per terra e ci pone i limiti dell’energia  non utilizzabile.

Il concetto di entropia entra a far parte dello stesso dibattito  filosofico sulla scienza.
Il considerare l’universo, seppure immenso, un sistema chiuso, ne determina la sua fine per ‘morte termica’ quando l’entropia è massima.
Scienza e filosofia della natura son anche d’accordo sull’inutilità di discariche e inceneritori,
(li considerano un pestare l’acqua nel mortaio).
Bruciare non diminuisce il rifiuto, lo disperde solamente. (Per il principio di conservazione della massa 100Kg di rifiuto che diventano25Kg di cenere non hanno ridotto del 75% la massa, ma hanno solo trasformato questo 75% in CO, CO2 , Polveri, Vapore, Diossina ed altre sostanze inquinanti).

Così come la discarica interrompe il ciclo naturale delle trasformazioni, il bruciare non riduce i rifiuti, ma li trasferisce nell’atmosfera.
In natura si passa, per composizione, da elementi chimici semplici a sostanze organiche complesse, e per decomposizione, ad opera di funghi, batteri, lombrichi, si ritorna ai componenti inorganici.
Se questo ciclo naturale, viene falsato da cicli artificiali, si dovrà, prima o poi, ricorrere a ricicli,  anch’essi artificiali, per ricreare quell’equilibrio  che consenta alla terra di non diventare un deserto.

Il  nostro modello di sviluppo non segue però una logica scientifico matematica, esso si fonda prevalentemente su concetti quali ’necessità e utilità’ che impiegano la tecnica per asservire l’economia.
Non è pertanto sul terreno scientifico che si possono ottenere risultati, di alcuna sorta, nella scelta dei metodi di smaltimento.
L’intelligenza dei comuni di Capannori e di tutti quelli che l’hanno seguito, fino ad arrivare all’eccellenza di Ponte nelle Alpi, è stata quella di sfidare il potere politico ed economico sul suo terreno.

È   con i fatti e non con le chiacchiere che si è potuta dimostrare un’alternativa competitiva sia per risolvere le necessità che le economicità degli interventi. 
Anzi, che si sono potuti avere i vantaggi di liberare le strade dai bidoni  della spazzatura, di occupare mano d’opera, che una follia della crescita senza sviluppo aveva espulso dal lavoro e  abbassare gli stessi costi di smaltimento.
Queste esperienze hanno creato i presupposti perché altri iniziassero  un processo che si spera possa continuare e coinvolga sempre più realtà in una visione più sostenibile, dove il rifiuto cominci ad essere trattato non come un prodotto da espellere, ma come materia da recuperare per nuovi utilizzi.