Baby sitter
di Itu

Lo scopo educativo degli strumenti hi tech è ancora tutto da scoprire, di sicuro si stanno sviluppando sempre più forme di pulitissima dipendenza approvate dagli adulti.


La dimensione auspicata dal dottor Maiolo, nell’ultima serata dedicata all’Hi tech da Vallesabbianews, del fenomeno irreversibile e fascinoso ad uso e consumo dei nostri figli mi ha scombussolato soprattutto nell’investimento di responsabilità che non trovano consapevolezza.

In pratica la direzione suggerita è quella di essere supervisori e controllori dell’uso di iPad e nuovi tablet da regalare ai nostri pargoli, proporsi in modo adulto a seguire e suggerire man mano nella crescita i programmi, ciò avrebbe impatto educativo e interazione comunicativa tra generazioni di diversa preparazione “cliccante”.

Già, perché non siamo noi genitori gli esperti, lo sono senz’altro quei dolci esserini saltati fuori dai nostri lombi.

Così si stabilisce un perverso rapporto squilibrato dove il regalo del tablet è richiesto già in età da scuola materna, coinvolge gli insegnanti sui quali ci si affida ad una parvenza di indicazione sull’uso, in casa il lusso di ore di silenzio da strepiti e capricci, al ristorante l’ordine al tavolo senza più correre imbarazzati a riacciuffare il piccolo stufo delle abboffate adulte, nelle case degli amici liberi delle chiacchiere mentre si celebra il rito del soliloquio con il facile gioco –tavoletta.

La dipendenza si insinua con l’eleganza, nel pulito di tute che rimangono nemmeno spiegazzate, nel silenzio di mondi che già prima delle parole si distanziano nella sfiducia.

Nell’adolescenza il baratro si allarga, il rischio della dipendenza aumenta con lo scontro sui tentativi autonomi alla vita.

Pauroso il panorama intravisto, mi domando allora se veramente è giusto sfidare le nuove generazioni con un mezzo che non sappiamo gestire secondo il loro interesse oppure se meglio ammettere che i vari strumenti hi tech a volte ci sono utili ma trovare con i figli altro da condividere nei risicati tempi delle nostre assurde giornate.

Poi magari nasce un germoglio, una rivoluzione piccola piccola, solo perché non sappiamo noi adulti spiegare tutto ai nostri figli.