La questione settentrionale
di Aldo Vaglia

Il vero problema che affligge l'Italia non è la questione meridionale, che tutte le forze politiche dall'Unità ad oggi risolvono con una montagna di denaro clientelare, ma è: come si produce la ricchezza


I partiti implodono per corruzioni e condanne. La strategia ricattatoria prolunga l’agonia e non incide in nessuna misura sulla crisi che incancrenisce i problemi e affonda il paese.
La più grande alleanza di chi si richiamava all’impresa al mercato, fisicamente al Nord, ha dato di sé una dimostrazione pessima e ha perso ogni credibilità. .

Per Ricolfi «la maggior parte del ceto medio dipende dallo stato, e il settore autonomo, vessato dalle tasse, con la paura di perdere i risparmi e la costante diminuzione del reddito, non è in grado né di marciare né di ribellarsi.
L’80% dei medici lavora in strutture pubbliche o convenzionate. Un esercito di dirigenti nello stato, nelle regioni, nelle province, nei comuni, nelle ASL, nella scuola, nelle forze armate. A cui vanno aggiunti ingegneri ed architetti legati alla politica, fornitori di servizi ad ospedali e municipalizzate, professori universitari, ricercatori, addetti stampa, consulenti.
Tutti questi non accetteranno mai di cambiare perché sono benestanti, il più delle volte arrivati a quelle posizioni neppure per un criterio meritocratico. Requisito non richiesto in un paese dominato dalla politica».

L’intelligente intuizione di Bossi, certamente non originale, ma giocata nel momento opportuno è naufragata in un intreccio di ignoranza, malcostume, opportunismi, che hanno perso completamente il senso del loro nascere e il consenso al loro crescere, e hanno sviluppato il virus di una sottocultura razzista, che con il problema delle ‘ragioni del nord’ e nemmeno con ‘l’immigrazione’, avevano qualcosa da spartire.
Forse l’intellettualismo di Miglio era esagerato per chi si sentiva diretto discendente dei ‘celti’, ma un partito che aveva espresso persone capaci, come Maroni e Tosi, poteva almeno essere in grado di limitare l’influenza dei Calderoli e dei Borghezio.

Il fondamentale errore della Lega è stato però quello di credere di fare il federalismo con Berlusconi.
Come spiega Cacciari era impossibile anche con la sinistra, ma Berlusconi non poteva che impersonare il meridionalismo più deteriore. I siciliani fondatori di quel movimento di plastica che si definiva ‘Forza Italia’ non sarebbero certo diventati i propugnatori di una Padania autonoma nel gestirsi le entrate fiscali.
Non solo la Lega è stata obbligata a subire le vicende giudiziarie degli alleati, ma è stata complice della più gigantesca spedizione di quattrini straordinari ai Comuni del Sud, male amministrati dal PDL.

La questione settentrionale riemerge prepotente dal voto scriveva Cacciari dopo le elezioni: ‘e per forza visto che è l’altra faccia della medaglia della questione meridionale.
È il problema ormai secolare, irrisolto e, anzi, per certi versi aggravatosi della grande faglia che spezza il paese. Lega e PDL pagano questa bancarotta.
Il PD non sta certo meglio; da una simile disfatta dell’avversario non ha ereditano neanche un voto. Primo per l’incomprensione da parte delle sue leadership della questione, in seguito per la totale afasia intorno al problema’.

La nuova forza sulla scena, ad un primo tentativo di aggancio con il ‘nord est’ ha preferito il più collaudato e demagogico attraversamento dello ‘stretto’.
 
Nell’attesa che qualche buona stella riaccenda il firmamento della politica e riconosca come ‘prima questione nazionale’ quella settentrionale, non possiamo che sperare che la fine della Grecia, a cui siamo altrimenti destinati, arrivi il più tardi possibile.