Chi ha ragione?
di Alberto Cartella

Il giovane filosofo Alberto Cartella ci porta al nucleo delle discussioni che ogni giorni ci vedono protagonisti nel voler affermare le proprie ragioni, nel voler essere araldi delle nostre verità, diversamente dalla filosofia che invece è creazione di concetti e rifugge il dibattito

 
Madre: non si può parlare con te perché vuoi aver sempre ragione!
Figlio: No, sei tu che vuoi sempre aver ragione!
In questo dialogo chi ha ragione? Chi lo stabilisce? Di che ragione si sta parlando?
 
Volendo aver ragione, come se ci fosse qualcosa di assoluto in possesso dell'uno o dell'altro degli interlocutori, si inizia un'aggressione in cui si difendono le proprie idee e si combatte le idee altrui cercando di dominare l'altro.
 
In questo modo ognuno è preso dalle proprie idee e viene meno la disposizione all'ascolto di ciò che l'altro sta dicendo. A volte capita che qualcuno ci stia dicendo qualcosa e interveniamo come se l'altro non avesse parlato, in una dimensione di indifferenza.
 
La ragione diventa qualcosa di molto astratto, diventa come un al di là di ciò che si sta dicendo, diventa metalinguaggio. Ma non c'è metalinguaggio, si tratta di qualcosa di molto astratto, di un vuoto totale. Con la consapevolezza del vuoto totale del metalinguaggio, è il corpo la grande ragione, la gestualità del corpo che non è riducibile ad una volontà di ragione.
 
In una discussione non si tratta di chi ha ragione ma di effetti di trasformazione reciproca, in cui la verità non è nelle idee dell’uno o dell’altro, ma è nell’effetto di spostamento che si ha nel discutere degli argomenti. Si tratta di discutere degli argomenti e non di aver ragione, altrimenti ci si chiude nelle proprie idee o peggio si dipende dalle idee altrui.
 
Il filosofo non è molto incline a discutere. Qualunque filosofo fugge quando sente la frase: adesso parliamo un po'. Le discussioni vanno bene per le tavole rotonde, ma è su un'altra tavola che la filosofia getta i suoi dadi cifrati. La filosofia ha orrore delle discussioni, ha sempre altro da fare.
 
Non sopporta il dibattito, ma non perché sia troppo sicura di sé: al contrario, sono le sue esitazioni che la spingono anche verso la solitudine. É necessario liberarsi dal cattivo gusto di voler andare d'accordo con molte persone; questo però credo non solo da parte di chi si occupa di filosofia.
 
Il filosofo ha il diritto di possedere un cattivo carattere, perché è l'essere che più di ogni altro sulla terra è stato finora sempre deriso. La filosofia non riguarda la suddetta discussione tra madre e figlio, di cui è stata riportata solo l'ultima parte.
 
A volte si cerca di far coincidere la filosofia con la discussione e ci si abitua a vedere la filosofia come una forma di dibattito, fedeli all'agonismo greco delle origini della filosofia. Ma la filosofia è creazione di concetti e la discussione può fornire elementi per la creazione di nuovi concetti, ma non è nella discussione che consiste l'attività filosofica.
 
Si tratta di guardarsi bene, da parte dei filosofi e da chi si occupa delle varie forme di conoscenza, dal diventare dei martiri. Dal soffrire per amore della verità. E di guardarsi bene dal difendere se stessi. Ciò rende testardi contro le obiezioni, incretinisce, abbruttisce, ogni qual volta si è costretti a rappresentare la parte dei difensori della verità, come se la verità fosse una persona tanto ingenua e maldestra da aver bisogno di difensori.
 
Nulla può importare il fatto di aver ragione e finora nessun filosofo ha avuto ragione e può darsi esista una più apprezzabile verità in ogni minuscolo punto interrogativo che viene posto dietro le parole che si pronunciano e le dottrine che si prediligono.
 
Queste considerazioni sono state rese possibili dal guadagno di pensiero che ho ricevuto leggendo alcuni passi dei filosofi Gilles Deleuze e Friedrich Nietzsche.