«Custodi del tempo»
di Ubaldo Vallini

Verrà aperta al pubblico questo venerdì in Rocca a Sabbio Chiese una mostra di Abele Flocchini che è destinata a lasciare il segno, nel panorama artistico della Valle Sabbia

 
Energia e mistero, inquietudine e potenza.
Maschere, ma anche giganteschi bozzoli pronti ad aprirsi e svelare.
Soprattutto davanti al nuovo corso dell'arte di Abele Flocchini, perticarolo già riconosciuto fra i degni eredi dei Boscaì di Levrange, non si può rimanere indifferenti.
 
Elmi pensati e realizzati dal maestro perché potessero essere indossati, come ha provato a fare qualche settimana fa in un improvvisata apparizione gardesana (vedi foto).
Li riproporrà a decine, per la prima volta, questo venerdì 13 settembre nella prestigiosa cornice della Rocca di Sabbio Chiese, quando prenderà il via la sua personale "Custodi del tempo".
 
Per l'occasione, alle 18, prenderanno la parola provando ad interpretarne l'arte Alfredo Bonomi, Giuseppe Rivadossi, Donatella Giannoni e Giuseppe Biati. La mostra sarà visitabile nei giorni 13, 14, 15, 20 e 21 settembre dalle 10 alle 12 e dalle 14 alle 21, con ingresso libero.

«Mentre l'affannoso dinamismo in cui viviamo sta cancellando la memoria di ogni nostro umano percorso, le maschere di Abele Flocchini vogliono aprire una finestra sul nostro vissuto» ha detto Giuseppe Rivadossi.
 
«Sul suo percorso artistico ha influito l'origine, l'atavica attitudine dei montanari a plasmare il legno... ma questo non basta per spiegare l'ultima produzione, la serie di maschere che provocano l'animo di coloro che le osservano, facendo emergere sensazioni inusitate che vanno dalle reminescenze storiche alle antiche leggende, per approdare a riflessioni che si agganciano ad una visione eroica dell'esistenza, alla nostalgia per una società permeata di valori immediati ed irrinunciabili, dove la forza è sinonimo di grandezza d'animo» ha affermato Alfredo Bonomi.
 
«Flocchini aborre dal classico figurativo e si rifugia nella primordiale "masca", che di maschera nulla ha, perché tradisce il suo interiore sentire, umanizza il volto nella amleticità quasi irridente di volere dire, di dover dire, di saper dire» afferma Giuseppe Biati.
 
E Donatella Giannoni: «Con il legno Abele Flocchini crea, scava, svela figure del mito e dell'intimità, figure primitive o apparizioni dell'immaginazione. E attraverso il fascino, l'originalità, veniamo catturati nella dimensione del creatore di questa fantastica tribù».
 
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