Le funzioni del padre
di Giuseppe Maiolo

La figura del padre interessa sempre. L'argomento suscita sempre riflessioni e reazioni. Forse perché per lungo tempo è stata trascurata


Oppure perché oggi, che appare come una figura sbiadita, la figura del padre la stanno cercando un po’ tutti. Ovunque.
I commenti riportati in calce al mio ultimo articolo sembrano confermare quanto vi sia bisogno di parlarne e di discutere, di cercarne i significati e individuare le valenze di questo genitore mancante.
Del resto è vero che da sempre le metafore che riguardano il padre hanno attraversato il nostro universo collettivo e il padre è stato amato e odiato, cercato e temuto.
 
Da Giove-Zeus, padre degli dei, onnipresente e potente creatore del mondo e gerarca indiscusso e temuto, al padre Ulisse, generoso principio maschile ma lontano e assente che Telemaco non smetterà mai di cercare per riempire quel vuoto di autorità. 
Ecco i due poli della paternità. Questi gli estremi tra cui oscilla il bisogno e desiderio di ogni figlio.
Perché al di là dei ruoli che possono mutare, e sono profondamente cambiati nella famiglia di oggi, il padre conserva funzioni fondamentali.
Può essere, ed è giusto che lo sia, un valido sostegno alle funzioni di accudimento del materno, può cambiare i pannolini, può dare il biberon, può essere dolce e amorevole, ma i suoi caratteri specifici sono diversi.
 
Se la madre dà in maniera incondizionata senza aspettare che il figlio chieda, soddisfa i suoi bisogni fondamentali senza nessun contributo in cambio, lo avvolge di calore, affetto e protezione, il padre concede a patto che, non dà nulla gratuitamente ma solo se il figlio se lo merita, introduce regole esterne alla relazione.
La madre ci ama perché siamo, il padre per quello che siamo diceva Fromm.
 
Così i due codici sono diversi.
Quello  materno è fusionale e simbiotico, assoluto. Lo spazio e il tempo sono quasi del tutto annullati in quella specie di Eden che continua, soddisfa e dà piacere infinito.
Il codice paterno viceversa  ha contorni ben precisi, confini, introduce al senso delle cose, offre significati e si aspetta conferme. È un tempo discontinuo, un luogo definito dall’osservanza della regola, un amore condizionato dal “se te lo guadagni”.
 
Detronizzato Zeus, spogliato della corazza quel padre spigoloso e guerriero che si occupava dei figli solo quando servivano per la guerra, oggi non abbiamo ancora individuato un nuovo Ulisse che ci dia un orizzonte  di riferimento.
 
Eppure tra quei due estremi potrebbe esserci un’altra icona utile, quella di Giuseppe, il padre putativo per antonomasia.
Ovvero quello che è creduto tale perchè esercita le funzioni specifiche del padre. Quel San Giuseppe della divina famiglia, che è silenzioso e umile, paziente e forte allo stesso tempo.
Ci fa immaginare più le funzioni del “fare” che quelle del “dire”. Poche parole e molti fatti che si fondano sul saper osservare e ascoltare attentamente e nel contempo essere partecipe e presente, capace di proteggere e custodire.
Con queste il padre trasmette sicurezza e protezione, forza e energia.
È di guida per il figlio e allo stesso tempo spinta a lasciare le sponde rassicuranti della famiglia e le comodità del nido caldo.
 
In sintesi ci vorrebbe quel genitore di Quasimodo che nella sua poesia “Al padre” dice:
“La tua pazienza, triste, delicata, ci rubò la paura”.
Giuseppe Maiolo