Un progetto pilota per la sezione Avis di Sarezzo
di Andrea Alesci

La sezione saretina è stata protagonista nella donazione di sangue dello scorso 7 aprile con un'adesione di 235 soci al progetto sperimentale lanciato dall'Avis provinciale per la rilevazione di sintomi respiratori correlati al deficit della proteina alfa1 antitripsina

 
Lo scorso 7 aprile la seconda donazione di sangue dell'Avis Sarezzo è coincisa con un progetto pilota al quale ha preso parte la sezione saretina insieme a poche altre nella provincia di Brescia.
 
Un progetto che ha preso in considerazione lo screening di circa 1.000 soggetti per la rilevazione di sintomi respiratori correlati al deficit della proteina alfa1 antitripsina.
 
"Alla donazione della sezione Avis di Sarezzo hanno preso parte quasi 200 donatori - sottolinea il presidente, Mina Taboni -, con 20 nuovi donatori e ben 235 donatori che hanno compilato il questionario e si sono sottoposti al prelievo per l'indagine sull'alfa1 antitripsina".
 
Una realtà triumplina che ha fatto da "pilota" a questa indagine promossa dal Comitato etico dell'Asl di Brescia per una mappatura del territorio alla ricerca del deficit di alfa1 antitripsina e dei sintomi respiratori.
 
"Il deficit di alfa1-antitripsina - spiega il presidente dell'Avis provinciale, Gianpietro Briola - è una condizione genetica, quindi ereditaria, che predispone allo sviluppo di patologie al fegato e ai polmoni: prima si diagnostica, meglio è. Se s'individua quando il soggetto è un semplice portatore sano, si possono mettere in pratica tutte le misure per evitare che si sviluppini le malattie correlate, indirizzando a corrette norme di igiene di vita".
 
Un progetto che ha coinvolto Sarezzo ed ha il carattere di 'pilota' poiché la sua modulabilità permette di estenderlo a sezioni limitrofe, ad altre province e regioni a seconda della prevalenza epidemiologica, dell'aderenza allo studio e della disponibilità di risorse economiche.
 
"Con questo progetto - agggiunge il presidente Briola - si raggiungerà l'obiettivo di una diagnosi precoce in soggetti sani, una prevenzione primaria rispetto alla manifestazione di patologie correlate e una divulgazione capillare dell'informazione su questa condizione genetica rara".