Quelli che... si stringono in un abbraccio
di Davide Vedovelli

Si è spento l'altra sera dopo una lunga malattia il cantautore milanese Enzo Jannacci. Poeta, comico, musicista, "medicastro" come si definisce lui in una bellissima canzone

 
E' impossibile circoscrivere Jannacci all'interno di un confine preciso, come capita spesso quando si ha a che fare con questo tipo di artisti per cui ogni definizione sembra riduttiva.
Credo sia uno di quei pochi casi in cui la parola genio non è detta a caso.
Ho avuto la fortuna di vedere un suo concerto a Milano pochi anni fa, sul palco era accompagnato dal figlio e in sala c'era l'amico Dario Fo.
 
Da quel momento ho capito che Jannacci non era solo Vengo anch'io o “il palo della banda dell'ortica”.
Ora ci si sente un po' più soli, come se fosse venuto meno uno sguardo ironico e dissacrante, triste e malinconico, irriverente e stralunato su quello che ci circonda.
 
Da alcuni anni sognavamo di invitarlo a Musica da Bere, ma le sue condizioni di salute hanno impedito di realizzare la cosa.
Una delle ultime apparizioni pubbliche è stata nella puntate speciale che Fabio Fazio ha voluto dedicargli.
Aprendo facebook l'altra mattina sono comparsi tantissimi commenti in cui tutti lo ricordano in modo intimo e personale, come se se ne fosse andato un amico o un confidente.
 
“La voce di Jannacci era disagio esistenziale, sofferenza, sfogo del disadattato, ma tutto attraversato dal filtro dell’ironia.
Biascicava frammenti di parole, parlava per cenni, faceva del linguaggio una marmellata informe di fonemi, ma da tutto questo affioravano strazianti brandelli di verità.
Una scheggia impazzita che deviava continuamente in digressioni, tic, scatti, scosse, pause, dissonanze.
 
Una poltiglia di nonsensi e frasi smozzicate, che macinava faticosamente come se lui per primo stesse sforzandosi di capire cosa stava dicendo, ma che alla fine, per folgorazione, si faceva decifrare come in un puzzle o un gioco enigmistico.
Dentro quella voce si poteva nascondere qualcosa di molto serio, spesso tragico, ma anche dolce e levigato come il suo volto.
 
Enzo Jannacci sapeva in questo modo “dire” di più dei tanti parolai che ci tocca ascoltare tutti i giorni; sapeva esprimersi più e meglio di tutto il bla-bla quotidiano di cui a suo modo si faceva beffe”.
Lo ricordano così in un comunicato che arriva in questa giornata di pioggia gli amici del Club Tenco.
Ma c'è da scommetterci che lui ora se la ride e guarderà se al suo funerale piangono davvero soltanto le suore.
 
Buon viaggio Enzo Jannacci.