Un viaggio tra Ecologia, Filosofia e Fisica
di Aldo Vaglia

È da qualche tempo che filosofi ed ecologisti usano un termine che era proprio della fisico-chimica: Entropia. alla ricerca di un equilibrio fra produzione e consumo


I due principi della termodinamica, ma soprattutto il secondo, su questa  grandezza che misura il disordine molecolare, basano le proprie teorie, e allargano il campo a considerazioni che vanno oltre lo specifico della  materia.

Mentre il primo principio della termodinamica può indurre all’ottimismo: “Nulla si crea, nulla si distrugge e tutto si trasforma”, il secondo ci riporta ad una realtà più complessa e meno rosea: la maggior parte dei processi è irreversibile, e nelle trasformazioni l’energia degradata non è più in grado di compiere lavoro.
Anche se il terzo principio sposterà i limiti, il secondo ci mette di fronte all’esaurimento delle risorse, alla perdita di energia utile nelle trasformazioni, e al concetto di esauribile e rinnovabile.

Il conoscere il finito o l’infinito, il sapere se siamo figli della materia o di una volontà superiore, la differenza tra l’essere e il nulla fa parte della speculazione filosofica, e la scienza dà un suo contributo a pensare il mondo e il suo divenire.
Ma dove più pragmaticamente fa la sua comparsa “l’entropia” è nell’altra disciplina “olistica”: l’Ecologia.

Qualche giorno addietro,  in una trasmissione televisiva (forse in Che tempo Che fa) Carlo Petrini, fondatore di Slow  Food  e Terra Madre, spiegava ai telespettatori che: se produciamo per 12 miliardi di viventi e siamo 7 miliardi e 1 miliardo non ha da mangiare, distruggiamo tonnellate di cibo e consumiamo troppa energia.
In un mondo finito, ecologicamente interconnesso e soggetto alle leggi dell’entropia, il produrre il 40% in più di quello che serve è uno spreco intollerabile.

Nel suo libro “Entropia” lo studioso americano Rifkin affronta i problemi di ordine sociale derivanti dal consumo di energia altamente Entropica: “tutto ruota intorno alla termodinamica, ma in definitiva tutto ruota intorno al concetto di giustizia sociale…è necessario rivedere tutti i processi energetici per creare meno entropia…l’entropia creata negli ultimi 200 anni si manifesta sotto forma di sporcizia, inquinamento, disordine (anche sociale) e soprattutto cambiamento climatico.
Il ricorso a fonti concentrate di energia (petrolio, uranio, carbone e gas naturale) genera un’entropia enorme sul pianeta non solo sul piano fisico, ma anche su quello politico e socio economico.

La terza rivoluzione industriale, si giocherà sulla sostenibilità.
Le leggi dell’economia non potranno avere sempre la supremazia sulla natura, la cultura, le risorse. Alcuni limiti vanno rispettati.
La decrescita renderà felice solo chi se la può permettere, non certo chi  fatica a vivere.
Per evitare che l’Italia si impoverisca ulteriormente, per avere risorse per nuove infrastrutture, per una politica sociale più equa è necessario che il PIL ricominci a crescere.

Il tema non è decrescere, ma cosa e come produrre.
Uno sviluppo che metta in primo piano economia verde, che soppianti produzioni ormai condannate, che elimini inefficienze incentivando il lavoro dei giovani e delle donne, una economia a basso impatto energetico e ambientale, è quanto si può sperare che una classe politica, responsabile e non dedita alla ricerca del massimo profitto per se stessa, cerchi di attuare per il presente se vuole vincere la sfida del futuro.