La politica tra rottamazione e restauro
di Aldo Vaglia

Non è una questione di destra o sinistra e nemmeno di antichità e modernità, un buon restauro è a volte migliore della sostituzione con prodotti di bassa qualità


Agli inizi degli anni ‘60 il “boom economico” cominciava a insinuare quella mentalità, che diverrà in seguito dilagante nella popolazione.
Lo “status symbol" era determinato dalla  capacità di consumo. Così  prima cosa da esibire divennero gli arredi della casa.
Sparì il legno massiccio sostituito da pressati, truciolati, laminati.
Cambiò lo stesso nome dei mobili, non più tavoli e credenze, ma “cucine americane”. La fòrmica divenne il nuovo materiale della piccola borghesia arrivata.

Tutto ciò che ricordava il passato, e con il passato il risparmio e la povertà, andava rottamato e sostituito. Cominciò l’era degli elettrodomestici di ogni tipo. Sarà però l’automobile e soprattutto la capacità di cambiarla in fretta l’elemento distintivo dell’emancipazione economica.
Questa fregola che, pur in modo diverso, colpì tutti, travolse in maggior misura le classi popolari e i loro partiti di riferimento.
Più che la mancanza di libertà, sarà la mancanza di calze di nylon che creerà le condizioni della disfatta del comunismo dell’Est, per manifesta arretratezza.

L’avvento, seppure tardivo, di Berlusconi sulla scena politica italiana è l’apoteosi di questa cultura. Presentatosi come il nuovo, ha resuscitato un fascismo senza speranze e un comunismo fantasma, eleggendo a sistema la contrapposizione e la ricompensa.
Un modernismo che ha portato il paese sull’orlo del disfacimento e che ha rimesso in circolazione veleni di cui si sarebbe fatto volentieri a meno.
 
Oggi non paghi dell’esperienza gli elettori cercano risposte in novità che lo sono solo di nome e risultano coppie sbiadite di movimenti culturalmente di ben maggior spessore, ma che la propria rivoluzione l’hanno già persa. 
Beat, Hippy, Indiani Metropolitani, antesignani dei nuovi Grillini  hanno  messo profondamente in discussione i principi della delega e della gerarchia delegittimando ogni autorità costituita ed ogni forma di comando, si sono però dispersi chi in gruppuscoli violenti ed utopici che volevano il tutto subito attraverso la rivoluzione, chi nei paradisi artificiali delle droghe.

Anche il “latino” è vecchio, è una lingua morta. Il nesso tra “lingua morta” e “classe politica morta”  fa ricordare a Stefano Bartezzaghi, su Repubblica, il Movimento 5 Stelle e Grillo, che hanno introdotto la categoria terminale della “morte” nel dibattito politico.
 
Agli utilitaristi che vorrebbero sostituire l’inglese al latino così risponde il giornalista: “La scuola non è né utile né inutile è a-utile, un’industria no-profit di trasmissione del sapere in cui due generazioni si scambiano insegnamenti e aggiornamenti. Che la scuola sia in crisi lo dimostrano i risultati elettorali, il tono, la logica, la diffusione epidemica di quella malattia dell’intelligenza che si chiama furbizia”. 
 
Il fatto di essere nuovi non è garanzia di essere intelligenti e capaci. Il furore contro il passato non ha nulla a che vedere con il migliorare il presente.
Buttare il mobile di legno massiccio, per sostituirlo con il nuovo di truciolato e laminato non sempre è la scelta più felice.