Nave, dentro il laboratorio dell'artigiano Francesco Stefana
di Redazione

La storia raccontata da Barbara Fenotti è quella di una passione che nel 1996 ha cominciato a fiorire nel piccolo magico laboratorio dell'artigiano navense, ma nata ancora da bambino, quando guardava il nonno fabbricarsi gli arnesi per la vita agricola

 
Varcare la soglia del laboratorio di Francesco Stefana ha tutte le caratteristiche, nel suo piccolo, di un atto religioso.
 
Lo sguardo che immediatamente si appende alla pioggia legnosa curiosamente elaborata e ciondolante dal soffitto, sente quasi l’esigenza di sdoppiarsi per conquistare la vetrina accanto all’entrata, dalla quale altrettanti bizzarri manufatti spiano l’osservatore sorpreso.
 
E, se si considera che le dimensioni del laboratorio sono alquanto ridotte, essendo stato ricavato da una sorta di ripostiglio giusto accanto alla porta d’ingresso, si può cominciare ad avere la misura di che mondo dei balocchi in miniatura Francesco abbia creato.
 
Gli albori di quella che si è trasformata poi in vera e propria passione sono da collocarsi ufficialmente nel 1996. I primi seri approcci con l’arte della lavorazione del legno sono però postuma effervescenza di un estro che Francesco ha manifestato sin dalla più tenera età, quando osservava il nonno fabbricarsi da sé gli arnesi indispensabili per la vita agricola e pastorale.
 
L’ingresso, a quattordici anni, nelle acciaierie Stefana F.lli di via Bologna ha più le caratteristiche di un’anticipazione provvidenziale che di un tentativo del destino di tarpare le ali allo spirito artistico di Francesco.
 
In qualità di tornitore di ingranaggi, pezzi di ricambio e accessori per il laminatoio, il giovane operaio affina la tecnica di lavorazione del metallo che, guarda caso, richiede la stessa precisione di quella del legno.
 
L’avventurarsi poi in montagna alla ricerca di funghi ha fatto il resto. Nell’intrico di rami pazientemente intessuto da Madre Natura, Francesco scova ad ogni occhiata nuove forme e combinazioni, quasi come se alla sua mente venissero suggerite immagini concrete di espressioni viventi solo in potenza nei confusi intrecci.
 
Lo spunto dal quale è nata l’idea di costruire biciclette molto particolari è sbucato nientemeno che dall’osservazione dell’ossatura di un cespuglio all’interno della quale Francesco ha colto una forma a «V» del tutto simile, secondo la sua associazione, a quella di un telaio.
 
Ecco quindi nascere modelli in scala poco più che miniaturiale di diversi tipi di biciclette, dalle grazielle alle bici da corsa, fino ai modelli appannaggio ormai solo dei musei. La pazienza e la minuzia che la costruzione di simili manufatti richiede si avvicina all’inimmaginabile, senza contare la previa selezione del legname da utilizzare.
 
Occorre infatti servirsi del legno quando è ancora fresco e malleabile, ossia quando la pianta è nel pieno del suo sviluppo primaverile e, aspetto non meno importante, i suoi rami vanno potati rigorosamente quando la luna è «buona», per evitare che diventino futura preda dei tarli.
 
Segue poi un paziente processo di levigazione mediante una lima prima e con carta vetro poi. Ma castagno, radica, corniolo, ulivo e sanguinella sono protagonisti mutanti di molte altre creazioni che vengono alla luce tra le mani di Francesco Stefana, tra le quali spiccano galletti, gatti, centritavola, fiori, cigni, portaoggetti dalle forme talvolta inventate e bastoni che, una volta aperta l’impugnatura, rivelano una capienza utile per riporvi oggetti utili.
 
Su molti di questi manufatti sbocciano fiori levigati con minuzia «Qualcuno mi ha chiesto perché sparga fiori su quasi tutti i miei manufatti -racconta Francesco - e non ho mai una spiegazione logica con cui rispondere. So solo che i fiori mi piacciono molto e l’idea di coltivarne qualcuno anche sulle mie creazioni le rende ai miei occhi ancora più preziose». 
 
 
Fonte: Barbara Fenotti, "Giornale di Brescia", 12 marzo 2013.